Lo scorso 19 dicembre, il tribunale di Avignone ha condannato Dominique Pelicot, 72 anni, alla pena massima: l’uomo trascorrerà il resto della sua vita in carcere per aver drogato e violentato, ripetutamente, l’ex moglie Gisèle Pelicot tra il 2011 e il 2020. Gli esperti che hanno seguito il caso hanno descritto l’imputato come un uomo privo di empatia, perverso e mendace. Dominique Pelicot ha ammesso i suoi crimini, tentando di giustificarsi attribuendone la responsabilità a presunti traumi del passato.
Subito dopo la sentenza, il procuratore generale Laure Chabaud ha commentato: «Vent’anni di vita non sono pochi, indipendentemente dall’età dell’imputato. Tuttavia, sono una pena troppo lieve rispetto alla gravità e alla ripetitività degli atti commessi».
La corte si è pronunciata anche sugli altri 51 uomini, di età compresa tra i 27 e i 74 anni, accusati di aver preso parte alle violenze, infliggendo loro pene più lievi. Molti di loro continuano a professarsi innocenti, nonostante Dominique Pelicot abbia ribadito più volte che tutti i partecipanti agli abusi fossero pienamente consapevoli delle loro azioni, come evidenziato durante il processo, come segnalato da Libération.
La frase emblema della vicenda, pronunciata da Gisèle Pelicot «La honte change de camp» tradotto come “la vergogna deve cambiare lato” spicca su vari striscioni esibiti dai sostenitori accorsi e riuniti fuori dal tribunale per mostrarle sostegno e solidarietà.
Gisèle Pelicot subito dopo il verdetto ha affermato di rispettare la decisione della corte, ringraziando tutti coloro le hanno mostrato supporto durante il periodo difficile che ha vissuto, rivolgendo un pensiero a tutte le vittime di violenza le cui storie sono state lasciate nell’ombra. La donna ha rinunciato all’anonimato e ha rifiutato il processo a porte chiuse principalmente per i suoi nipoti. «Perché loro sono il futuro, è anche per loro che ho condotto questa battaglia.» ha dichiarato, come riportato dal The Guardian.
È l’epilogo di una vicenda giudiziaria sconvolgente per tutta l’Europa, che ha avuto risonanza in tutto il mondo, come sottolinea il New York Times, dall’arresto del signor Pelicot nel 2020 con il sequestro di migliaia di video e foto delle violenze, fino alle udienze in tribunale che hanno visto Gisèle Pelicot sempre in prima linea.
Il coraggio di rendere pubblico il processo ha trasformato Madame Pelicot in un simbolo della lotta femminista e il suo volto è apparso per mesi sulle copertine dei giornali più importanti, sui cartelloni dei manifestanti e sui muri per le strade di tutta la Francia.