L’esercito sudafricano ha dichiarato che nove dei suoi soldati sono morti mentre cercavano di respingere l’avanzata dei ribelli sulla città di Goma, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, insieme a tre militari malawiani e un soldato uruguaiano. La morte di questi soldati ha portato il bilancio totale delle vittime tra le forze di pace a 13, con altre decine di feriti. Secondo i dati riportati dalla BBC, il conflitto ha già costretto oltre 400.000 persone a fuggire dalle proprie case quest’anno e oltre 200 civili sono stati uccisi nelle zone catturate dai ribelli.
Le forze ONU hanno confermato che continueranno a operare nella regione, nonostante il ritiro di alcuni membri non essenziali da Goma, che sta diventando sempre più vulnerabile. «Il personale essenziale rimarrà sul terreno, sostenendo le operazioni critiche come la distribuzione di cibo, assistenza medica, rifugi e protezione per le comunità vulnerabili», recita la dichiarazione dell’ONU riportata dalla CNN.
Il conflitto ha visto un’intensificazione delle operazioni del gruppo ribelle M23, che ha acquisito più territori nelle ultime settimane, inclusa la vicina città di Sake, a soli 27 chilometri da Goma. Il gruppo ribelle ha messo sotto assedio la capitale provinciale, un importante centro per gli sforzi umanitari e di sicurezza, chiedendo alle truppe congolesi di arrendersi per evitare ulteriore spargimento di sangue.
Il conflitto, che ha radici profonde nell’instabilità politica e sociale dell’area, è aggravato da accuse di sostegno esterno da parte del Rwanda che, secondo quanto riportato da Reuters, nega qualsiasi coinvolgimento diretto, ma è accusato di fornire supporto logistico e armamenti ai ribelli. Sia le Nazioni Unite che il governo congolese continuano a denunciare il ruolo del Rwanda, mentre la comunità internazionale sollecita un intervento più incisivo per fermare la spirale di violenza.
Mentre le violenze continuano, la situazione umanitaria si fa ogni giorno più critica, con il rischio che il conflitto possa estendersi ulteriormente, coinvolgendo paesi vicini e aggravando una delle crisi più gravi in Africa centrale.