L’amministrazione Trump ha chiesto alla Corte Suprema di sospendere un’ordinanza giudiziaria che permette agli individui espulsi verso il Sud Sudan di contestare la propria deportazione. A riportare la notizia è il The Guardian. Il ricorso è arrivato poche ore dopo che il giudice federale Brian Murphy aveva criticato duramente la condotta del governo, accusandolo di creare caos.
Al centro del caso c’è un volo di espulsione diretto verso il Sud Sudan, a bordo del quale vi erano individui provenienti da paesi come Cuba, Laos, Messico, Myanmar e Vietnam. Queste persone, secondo l’amministrazione, erano state condannate penalmente negli Stati Uniti. Tuttavia, Murphy ha stabilito che, prima della deportazione, devono essere ascoltate per esprimere eventuali timori legati alla propria sicurezza nel paese di destinazione.
Il giudice, che opera in Massachusetts, ha accusato l’amministrazione di sfruttare la confusione normativa per eludere i controlli del tribunale. Nella sua ordinanza, lunga 17 pagine, ha esposto come sia difficile giungere a una conclusione diversa da quella che gli imputati, l’amministrazione Trump, incoraggino una mancanza di chiarezza come mezzo di evasione.
La risposta dell’amministrazione non si è fatta attendere. Il procuratore generale, John Sauer, ha definito le restrizioni imposte da Murphy un “grave ostacolo” all’attività diplomatica necessaria per trovare paesi terzi disposti ad accogliere i deportati. La Casa Bianca ha sottolineato che molti dei paesi di origine rifiutano la riammissione dei propri cittadini e che, per ragioni di sicurezza nazionale, non è possibile trattenere a lungo queste persone.
Durante un’udienza, Murphy ha respinto l’idea di rimpatriare immediatamente gli otto uomini già in volo, ma ha ordinato che potessero esprimere le proprie paure dal luogo dove l’aereo era atterrato, Gibuti. Il giudice ha anche criticato il governo per aver definito l’ordine “pericoloso”, ricordando che la possibilità di esaminare le richieste era stata proposta proprio dall’amministrazione stessa.
Questo caso rappresenta un nuovo capitolo nelle tensioni tra la magistratura e l’esecutivo durante l’era Trump, evidenziando il conflitto tra il rispetto dei diritti individuali e le priorità di sicurezza nazionale. Sullo sfondo, rimane la complessità delle politiche migratorie in un mondo in cui la cooperazione internazionale è sempre più incerta.