giovedì, 21 Novembre 2024
HomeNotizie dal mondoAmerica Latina e CaraibiLa magistratura cilena si esprimerà in quechua, mapudungún, rapanui e aymara

La magistratura cilena si esprimerà in quechua, mapudungún, rapanui e aymara

Il magistrato Ángela Vivanco presenterà una guida terminologica giuridica nelle lingue di quattro dei dieci popoli indigeni del Cile

La magistratura cilena ha lanciato un’iniziativa nell’ambito della Commissione per il linguaggio chiaro, volta alla promozione di abbecedari che traducano i termini giuridici essenziali al fine di garantire l’accesso alla giustizia nella lingua di quattro dei dieci popoli indigeni riconosciuti dalla legge indigena del 1993: Mapudungún, Rapanui, Aymara e Quechua.

Secondo quanto riportato da El País, l’iniziativa è guidata dalla ministra e portavoce della Corte Suprema Ángela Vivanco, la quale è anche presidente della Commissione per il linguaggio chiaro e responsabile della Commissione giudiziaria per i gruppi e le persone vulnerabili e per l’accesso alla giustizia.

«Lo scopo di questa iniziativa è quello di mantenere l’idea del Cile come Paese unito, ma senza che questa unità ignori il fatto che ci siano diversi gruppi con culture, lingue e individualità differenti. In altre parole, il fatto che il Cile sia uno Stato unitario non significa che non esistano etnie e realtà diverse», afferma Vivanco.

«Purtroppo, queste comunità hanno vissuto periodi storici di grande difficoltà a causa della mancanza di diffusione della loro cultura e lingua. Questa situazione ha portato all’isolamento di tali gruppi, cui non viene riconosciuta la propria ricchezza allo stesso modo di altre realtà nazionali», aggiunge la ministra.

Dei quattro popoli indigeni presi in considerazione, due hanno la popolazione più numerosa. Secondo il censimento del 2017, il 12,8% delle persone intervistate si è identificato in un popolo indigeno. Di questi, il 79% si è dichiarato Mapuche, il 7% Aymara, l’1,55% Quechua e lo 0,43% Rapa Nui, oltre ad altri, riferisce inoltre il quotidiano spagnolo.

Gli abbecedari, che sono stati presentati il 21 febbraio, sono denominati Guía de acceso a la justicia para ciudadanas y ciudadanos de pueblos originarios (Guida all’accesso alla giustizia per i cittadini dei popoli indigeni). Con un linguaggio chiaro e privo di tecnicismi giuridici, la guida affronta tutti i temi, dal lavoro alla composizione della magistratura, dai tribunali a cui rivolgersi in materia di lavoro, civile, familiare e penale alle modalità di verifica digitale dello stato dei procedimenti giudiziari, tra gli altri punti, i diritti e doveri delle vittime e degli imputati.

«Nell’ottica più tradizionale, l’accesso alla giustizia è stato spesso considerato solo nella prospettiva che la legge permetta a tutti di poter agire in giudizio. Tuttavia, c’è un secondo aspetto che ha a che fare con la comprensione dei processi, perché non posso accedere alla giustizia concretamente senza capire cosa devo fare, per cosa devo farlo e quali saranno i possibili esiti», sottolinea Vivanco.

«L’uso di un linguaggio chiaro non implica solo che la terminologia sia usata correttamente, ma anche che i giudici siano in grado di decodificarla per i cittadini comuni. Nel caso di persone appartenenti a popolazioni indigene, utilizzare la loro lingua per chiarire questi concetti è un modo per semplificarne la comprensione», prosegue.

Ad ogni modo, questa è solo una prima fase dell’iniziativa lanciata dalla ministra Ángela Vivanco, la quale ha intenzione di portarla avanti in futuro.

Gianluigi Micelli
Studente della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
RELATED ARTICLES

In evidenza

I più letti