Da quando Mateusz Jakub Morawiecki è diventato primo ministro polacco nell’11 dicembre 2017, si è impegnato a traslare l’impronta politica del suo partito “Diritto e Giustizia”, nazionalista e conservatore, nelle azioni governative.
Fin dal suo insediamento, con l’intento di avere una maggiore indipendenza politica e geo-strategica, ha sia incrementato i rapporti bilaterali con gli Stati Uniti per distanziarsi dalla sfera d’influenza russa e tedesca, sia iniziato ad allontanarsi dalla sfera europea come nel 2018, quando in sintonia con altri leader del Gruppo di Visegrád (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria), ha sottolineato come non si piegherà alle imposizioni dell’Unione europea sulla redistribuzione di migranti.
Questo modus operandi raggiunge l’apice il 14 febbraio 2020 quando entra in vigore una riforma costituzionale che modifica la legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari, la legge sulla Corte suprema e alcune altre leggi: si introduce la Sezione disciplinare dei giudici all’interno della Corte suprema polacca che ha lo scopo di sanzionare gli illeciti disciplinari dei magistrati polacchi.
La comunità europea reagisce a tali misure, riunendosi l’1 aprile 2021: condanna la riforma, perché lesiva dell’indipendenza del potere giudiziario, per violazione del diritto comunitario e propone un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Così, il 14 luglio 2021, il vicepresidente della Corte legifera un’ordinanza, interim order, in cui chiede alla Polonia di sospendere le norme messe sotto accusa: il Presidente della Repubblica polacco, però, chiede alla Corte costituzionale nazionale di valutare la compatibilità dei trattati europei con l’ordinamento costituzionale nazionale e il 6 ottobre presenta una richiesta per la revoca di tale ordinanza.
La risposta della Corte costituzionale polacca arriva il 7 ottobre quando sancisce che in base ai Trattati firmati tra le competenze che la Polonia ha trasferito all’Unione non vi è il potere giudiziario quindi l’Unione non può giudicare le scelte giudiziarie polacche.
La Commissione europea, nel mentre, il 7 settembre 2021, propone alla Corte di imporre una sanzione amministrativa a danno del Paese dell’Europa orientale, con un pagamento di un importo tale da incoraggiarlo a dare effetto, non appena possibile, alle misure cautelari disposte nell’ordinanza: viene accolta il 27 ottobre, obbligando così la Polonia a pagare alla Commissione un’ammenda di 1.000.000 di euro al giorno, fino a quando il governo di Varsavia non adempirà completamente agli obblighi derivanti dall’ordinanza del 14 luglio 2021.
Si potrebbe pensare da questa serie di eventi che siamo di nuovo di fronte ad un’uscita dall’Unione europea ma ci sono vari indicatori che dicono il contrario, come il sondaggio d’opinione, svolto tra la popolazione polacca, che mostra che il 53% dei polacchi ha un’immagine positiva dell’Unione europea.
Quello che è certo è che questa sentenza abbia rimesso in luce i problemi valoriali all’interno dell’Unione.