Secondo il racconto della coppia, Mariupol sarebbe isolata dal mondo. Nell’intervista rilasciata alla BBC, i due dichiarano di essere riusciti a raggiungere uno dei centri costruiti per favorire l’evacuazione dei civili dalla città durante gli attacchi dell’esercito russo.
«Era come un vero e proprio campo di concentramento» dichiara Oleksandr. Gli ufficiali dell’esercito ucraino li hanno paragonati a quelli utilizzati durante la guerra in Cecenia, a nord del Caucaso. La guerra fu combattuta in terra cecena, tra il 1999 e il 2009, dall’esercito della Federazione russa, il cui obiettivo era riprendere possesso dei territori conquistati dai separatisti. Durante il conflitto, molti soldati ceceni furono “brutalmente interrogati” ed altri scomparvero.
Oleksandr e Olena avrebbero vissuto la stessa situazione. I due raccontano di esser stati fotografati ed interrogati per ore dagli ufficiali russi, “come avviene in prigione”. Oleksandr riferisce che durante gli interrogatori, gli ufficiali avrebbero esaminato chiamate, fotografie, e contatti telefonici, al fine di individuare possibili legami con giornalisti o ufficiali militari del governo.
Olena riferisce della presenza di un solo bagno e di un solo lavello messi a disposizione per migliaia di persone. «Non c’era modo di lavarsi, c’era un odore terribile».
I due raccontano che gli fu detto di poter lasciare la struttura con l’autobus numero 148, ma dopo una settimana, soltanto 20 autobus avrebbero lasciato la struttura. Al contrario, gli autobus diretti nel territorio della Federazione russa sarebbero stati molti di più.
«Non avevamo scelta. Potevamo essere deportati in Russia, o rischiare la vita affidandoci a degli autisti privati».
Il loro autista li avrebbe portati nella città di Berdyansk, sotto il controllo dei russi. Qualche giorno dopo, la coppia racconta di aver trovato un autista disposto a rischiare per farli arrivare nella città di Zaporizhzhia, attualmente territorio sotto il controllo ucraino.