Nel 2019, nove ragazze nell’Amazzonia ecuadoriana avevano denunciato la constante combustione di gas naturale in cui vengono utilizzati artefatti metallici. Nell’agosto del 2021, una sentenza gli ha dato ragione e ha costretto le compagnie petrolifere a chiudere le aree popolate più vicine entro marzo 2023, ma ad oggi ciò non è avvenuto.
La combustione di gas emette milioni di tonnellate di CO2 nell’atmosfera ed è uno delle maggiori cause del cambiamento climatico. Il gas naturale brucia a una temperatura di circa 400 gradi Celsius, come parte dell’estrazione del greggio. Le imprese furono inizialmente installate dalla multinazionale Chevron-Texaco negli anni ’60 e da allora si sono moltiplicati, principalmente nella zona di Sucumbíos e Orellana.
Gli effetti sulla salute sono devastanti, soprattutto per le donne. L’Unión de Afectados por Chevron-Texaco(Udatp) e la Clinica Ambientale registrano da anni casi di tumori in entrambe le cittadine. Come riporta El País sono stati registrati, in una zona di appena 170.000 abitanti, 451 casi di cancro, il 71% dei quali nelle donne, generalmente colpite all’utero.
«Abbiamo visto bambini malati e molte donne morire a causa dell’attività petrolifera», lamenta il coordinatore della Udatp Donald Moncayo, padre di una delle giovani attiviste.
Il responsabile della Clinica Ambientale, il dottor Adolfo Maldonado, sostiene che le cifre sono le più alte in proporzione di tutto il continente latinoamericano. Ciononostante, dopo la sentenza del 2021, l’impresa di idrocarburi Petroecuador ha annunciato di aver spento un centinaio di bruciatori, ma i vicini della zona affermano che questi «erano già in disuso».
«Il governo ecuadoriano intende trasformare l’Amazzonia in una zona di sacrificio, dare via libera all’estrattivismo selvaggio, sotto le direttive del Nord del Pianeta», dice in un’intervista rilasciata all’America Futura Antonio Sánchez Gómez, un avvocato spagnolo che sosteneva le nove ragazze. L’avvocato mostra una certa preoccupazione per le donne che vengono colpite dal cancro, come sua zia e sua cugina, che devono spostarsi a Quito per farsi curare, perché per le autorità dell’Ecuador non c’è cancro in Amazzonia, e di conseguenza non ci sono neanche centri oncologici.
La sentenza che obbliga i bruciatori a spegnersi è stata storica per due fattori: prima di tutto, a presentare l’azione di protezione sono state nove minorenni di 15 anni e poi perché lo Stato ecuadoriano ha sostenuto l’accusa.