La Corte internazionale di giustizia (CIG) ha ordinato a Israele di porre fine all’offensiva militare iniziata nel mese di maggio contro Rafah. L’ordine è stato emesso venerdì 24 maggio da un team di quindici giudici, con 13 voti a favore e due voti contro, quelli dei giudici di Uganda e Israele, riporta Reuters.
Rafah, la città più a sud della Striscia di Gaza, dove oltre un milione di palestinesi aveva trovato rifugio dagli attacchi israeliani a nord, è considerata da Israele l’ultima roccaforte di Hamas.
«Lo Stato di Israele […] dovrà immediatamente arrestare la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nel governatorato di Rafah che potrebbe infliggere al gruppo palestinese a Gaza condizioni di vita che possono portare alla sua totale o parziale distruzione fisica» ha dichiarato Nawaf Salam, il presidente della CIG.
Tra le altre disposizioni, quella di riaprire il valico tra Rafah e l’Egitto per permettere il passaggio di aiuti umanitari nella Striscia, di consentire l’accesso agli investigatori e di fornire entro un mese un report dei progressi compiuti.
Israele ha risposto con sdegno agli ordini della Corte internazionale. Da un lato, Yair Lapid, leader dell’opposizione, ha definito la decisione della Corte un collasso e disastro morale per non aver associato l’ordine di sospendere l’offensiva a Rafah alla richiesta di liberare gli israeliani ancora ostaggio di Hamas.
Dall’altro lato, il Ministero degli Affari Esteri e il Consiglio di sicurezza nazionale dello Stato ebraico hanno negato in una dichiarazione congiunta il coinvolgimento di Israele in operazioni che infliggono condizioni di vita che potrebbero causare la totale o parziale distruzione fisica dei civili palestinesi a Rafah, riferisce Le Monde.
«Nessun potere sulla Terra impedirà a Israele di proteggere i suoi cittadini e attaccare Hamas a Gaza» aveva dichiarato un ufficiale israeliano il giorno prima che l’ordine fosse emesso.
La Corte internazionale di giustizia, con sede all’Aia, è il massimo organo giuridico delle Nazioni Unite, che si occupa di dirimere le controversie tra Stati. Le decisioni e gli ordini da essa imposti sono giuridicamente vincolanti, tuttavia la Corte non dispone dei mezzi per farli rispettare.
L’Autorità Nazionale Palestinese ha accolto con favore la decisione della Corte, ritenendola un segno del consenso internazionale a porre fine al conflitto, scrive Middle East Monitor. Lo stesso ha fatto Hamas, che tuttavia ha definito l’ordine una misura insufficiente, in quanto dovrebbe essere esteso all’intero territorio della Striscia di Gaza, dove comunque si combatte una guerra.
La recente disposizione della Corte deve essere inquadrata in uno scenario più ampio: il procedimento giudiziario avviato a gennaio contro Israele, accusato dal Sudafrica di genocidio del popolo palestinese. Il 16 maggio lo Stato africano ha presentato ricorso alla Corte, riporta Reuters, chiedendo proprio di ordinare lo stop dell’attacco militare contro Rafah.
A prescindere dall’effettiva applicazione dell’ordinanza, questa potrebbe avere effetti negativi sulla reputazione israeliana a livello internazionale. Ciononostante, è importante ricordare il supporto – anche se vacillante – degli USA di Biden. Questi ha recentemente condannato la richiesta del procuratore capo della Corte penale internazionale di spiccare mandati d’arresto contro i ministri israeliani Netanyahu e Gallant.