Hong Kong avrebbe un ruolo di primo piano nel facilitare il flusso di merci verso i paesi sanzionati dall’occidente, tra cui Russia, Iran e Corea del Nord, secondo un rapporto pubblicato lunedì 22 luglio dal gruppo Freedom in Hong Kong Foundation, organizzazione senza scopo di lucro con sede a Washington.
L’analisi ha preso in considerazione le esportazioni di Hong Kong del 2023, in una finestra temporale di cinque mesi, con particolare attenzione agli articoli inclusi nella Common High Priority List (CHPL), un elenco stilato dal governo degli Stati Uniti per identificare i materiali richiesti per lo sviluppo dell’armamento russo. Secondo quanto riportato dal Guardian, i ricercatori hanno scoperto che tra agosto e dicembre del 2023, Hong Kong avrebbe effettuato l’esportazione di beni in Russia dal valore di circa 2 miliardi di dollari, e che quasi il 40% di queste esportazioni riguardavano articoli inclusi nella CHPL.
In cima alla lista degli articoli venduti ci sono i semiconduttori, tra cui ricevitori, processori e unità di memoria, componenti essenziali nello sforzo bellico russo per lo sviluppo di droni e missili da crociera. Secondo il rapporto (pag.16), i beni spediti sarebbero stati prodotti da 131 aziende occidentali, di cui la maggior parte con sede negli Stati Uniti. In base al valore complessivo delle merci, tra i primi produttori figurano Intel, Analog Devices, Dell, Apple e Nvidia. Le spedizioni avrebbero invece coinvolto 206 compagnie di Hong Kong.
Una delle aziende menzionate è Piraclinos Limited, un fornitore di carbone e fertilizzanti che secondo il rapporto, avrebbe spedito carichi di microchip alla Russia per un valore di oltre 2.5 milioni di dollari. I chip sarebbero stati recepiti da VMK, società già sanzionata dal governo degli Stati Uniti nel 2023, secondo quanto riportato da Nikkei Asia.
Per Samuel Bickett, autore del rapporto, il contesto normativo di Hong Kong rende facile la costituzione di società fittizie. «L’indagine sulle aziende può richiedere anche mesi e finora si è concentrata su entità piuttosto che su individui» ha dichiarato Bickett «questo è un vantaggio notevole per chi evade le sanzioni». A dimostrazione di quanto affermato dal ricercatore, il rapporto include il caso di Arttronix, una società con sede a Hong Kong che si è sciolta pochi giorni dopo essere stata presa di mira dalle sanzioni statunitensi per aver fornito componenti elettronici all’Iran. Secondo quanto riporta il Guardian, il proprietario di Arttronix avrebbe fondato una nuova società l’anno successivo, sotto un nome diverso.«La repressione di Pechino ha giocato un ruolo significativo» ha affermato Bickett «le aziende di Hong Kong stanno infrangendo le sanzioni, in modo aperto e sconsiderato».
Nel rapporto, il ricercatore ha esortato Washington a segnalare le banche cinesi e di Hong Kong che finanziano il commercio illecito, bloccando il loro accesso ai mercati statunitensi. «Hong Kong non è più un partner affidabile nel mantenimento dell’ordine e della stabilità internazionale» scrive Bickett «gli Stati Uniti e la comunità internazionale devono adattarsi rapidamente alle nuove circostanze».