Il presidente argentino Javier Milei ha licenziato la ministra degli Esteri, Diana Mondino, creando tensioni politiche dopo che l’Argentina ha votato a favore della revoca dell’embargo economico statunitense contro Cuba alle Nazioni Unite. Questo è stato il primo caso, dall’arrivo di Milei al potere, in cui l’Argentina non si è allineata con gli Stati Uniti e Israele. La decisione è stata presa poche ore dopo che l’Argentina si era unita a 187 nazioni nel sostenere la risoluzione dell’ONU, con solo Stati Uniti e Israele contrari.
Secondo la BBC, Milei, noto per le sue posizioni filoamericane e il sostegno a Israele, ha giustificato la rimozione di Mondino affermando l’opposizione dell’Argentina alla «dittatura cubana» e ribadendo l’impegno a promuovere una politica estera che condanni le violazioni dei diritti umani. La CNN riporta le parole di un parlamentare che ha elogiato il governo di Buenos Aires per “non sostenere né essere complice di dittatori”. Questo cambio di rotta segna una netta rottura con l’approccio del precedente governo peronista, che aveva rafforzato i legami con Cuba e sostenuto la fine dell’embargo.
Mondino, inizialmente nominata per mantenere relazioni diplomatiche stabili e considerata fondamentale per l’immagine dell’Argentina all’estero, aveva già affrontato critiche per dichiarazioni controverse, tra cui commenti offensivi sul popolo cinese e la gestione della questione delle Isole Falkland. La sua sostituzione con l’ambasciatore a Washington, Gerardo Werthein, evidenzia la volontà di Milei di allineare l’Argentina agli interessi di Stati Uniti e Israele.
ABC News riporta che il presidente ha espresso un forte sostegno a Israele nelle operazioni contro Gaza, distaccandosi dalla maggior parte dei paesi latinoamericani che hanno condannato le azioni israeliane. Questa vicenda mette in luce l’ambizioso ma controverso progetto di Milei di trasformare la politica estera argentina, orientandola decisamente verso l’Occidente e allontanandola dai tradizionali partner regionali.