Le elezioni di midterm in Argentina sono state molto più di un semplice banco di prova per il governo dell’attuale presidente Milei. Hanno rappresentato, come afferma il Center for Strategic and International Studies (CSIS), l’inizio di una «nuova Era» nei rapporti tra gli Stati Uniti e l’America Latina.
Nonostante l’Argentina non sia un partner economico di grande rilevanza per gli USA (pur rimanendo comunque la terza economia più grande dell’America Latina), ci sono diversi interessi statunitensi nel Paese sudamericano, che lo rendono la terza punta di un triangolo i cui vertici restanti sono occupati da Cina e Stati Uniti. Come riporta il CSIS, l’Argentina risulta infatti un competitor di non poco conto per gli USA, per quanto concerne il settore dell’agricoltura: il valore delle esportazioni di soia dall’Argentina alla Cina è cresciuto di oltre 700 milioni di dollari da gennaio ad agosto 2025, mentre le importazioni cinesi dello stesso prodotto, dagli Stati Uniti, sono diminuite notevolmente, raggiungendo quota zero nel settembre dello stesso anno. Tuttavia, è la politica estera uno dei tasselli principali che ha portato l’Esecutivo statunitense a firmare un consistente pacchetto di aiuti finanziari all’Argentina, del valore di 40 miliardi di dollari, che rappresenta una vera e propria inversione di rotta nei rapporti tra USA e America Latina. L’obiettivo principale di Trump è, infatti, quello di rafforzare la stabilità tra i suoi “vicini di casa”. Il Segretario di Stato Rubio ha parlato di una politica estera che si basa su «Americas first», un effettivo cambio di rotta, se si considera che negli ultimi anni c’è stata una certa «reticenza da parte degli Stati Uniti» a creare delle partnership con governi latinoamericani, anche volenterosi. La Cina ha approfittato della situazione per «riempire questo vuoto», con diversi accordi di sostegno finanziario all’Argentina, firmati durante il governo di Fernández, che non furono però sostanziosi come l’ultimo presentato da Trump, desideroso di rimpiazzare la Cina come «ancora finanziaria dell’Argentina». Bisogna al contempo riconoscere l’inversione di marcia eseguita da Milei, in fatto di politica estera, rispetto alla Cina. L’Argentina ha infatti rafforzato la cooperazione militare con gli USA richiedendo maggiore trasparenza a Pechino. Inoltre, ha richiesto di rafforzare i legami con la NATO, a sostegno dell’alleanza militare contro le aggressioni di Putin. Si è impegnata, per altro, ad assicurare la libera navigazione da potenziali interferenze cinesi nell’Atlantico Meridionale, oltre a sostenere gli sforzi statunitensi nella battaglia al narcotraffico in Sudamerica.
A livello economico, Milei si trova però tra due fuochi: la sua idea di tagliare le spese per scongiurare un deficit fiscale è minacciata dai governatori locali, che gli richiedono risorse finanziarie. Al contempo, come afferma al Foreign Affairs María Victoria Murillo, docente della Columbia University, il Presidente argentino ha bisogno del sostegno delle banche per poter avere accesso al credito privato, sostegno che sembrerebbe legato al mantenimento delle promesse fatte da quest’ultimo in campagna elettorale, quando si è presentato con in mano una motosega, affermando di voler eseguire drastici tagli allo Stato, con lo slogan (preso in prestito) «Make Argentina great again».
La partita geopolitica di Milei è appena cominciata.


