Il 29 aprile, una delegazione di Hamas si è recata al Cairo per valutare una proposta di tregua con Israele mediata da Egitto e Qatar. La proposta prevede anche la liberazione di numerosi prigionieri palestinesi, in cambio del rilascio di 33 dei 133 ostaggi ancora tenuti prigionieri da Hamas, riporta Reuters. Inoltre, un cessate il fuoco implicherebbe la sospensione dell’imminente attacco israeliano contro Rafah. Hamas sta valutando “con spirito positivo” la proposta e ha comunicato che è in programma un’ulteriore visita in Egitto per proseguire i negoziati, come scrive Al Jazeera.
A sette mesi dall’inizio della guerra tra Hamas e Israele, scoppiata il 7 ottobre scorso, i negoziati per un cessate-il-fuoco si rendono sempre più necessari. In questi ultimi giorni si è tentato di individuare una possibile soluzione proprio al problema del temuto attacco israeliano a Rafah. Questa, località più meridionale della Striscia di Gaza, al confine con l’Egitto, è vista da Israele come l’ultima roccaforte di Hamas. Inoltre, Rafah è la località in cui oltre un milione e mezzo di persone si è rifugiato dall’inizio della guerra per sfuggire agli attacchi israeliani, che fino ad ora hanno causato la morte di oltre 34.000 palestinesi.
Il rinvio dell’attacco sarebbe, appunto, solo momentaneo, poiché l’obiettivo ultimo della guerra nell’ottica israeliana è proprio la soppressione definitiva di Hamas. «Entreremo a Gaza ed elimineremo i battaglioni di Hamas che si trovano lì, con o senza un accordo, in modo da ottenere una vittoria totale», queste le parole del Primo ministro Benjamin Netanyahu.
Nonostante il tentativo di allungare i tempi per un’eventuale offensiva, le intenzioni del Governo israeliano sono quindi evidenti. Si evincono dalle dichiarazioni esplicite del Primo ministro e, ancor più concretamente, dagli incessanti “movimenti” presso Rafah. Di fatto, l’armata israeliana ha intensificato i bombardamenti sulla città e acquistato 40.000 tende in grado di accogliere i soggetti sfollati forzatamente, riporta Le Monde.
Intanto, i rappresentanti di Stati Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Giordania ed Egitto si sono incontrati al World Economic Forum in Arabia Saudita, dove hanno discusso della situazione a Gaza. Il Segretario di Stato USA Antony Blinken ha rimarcato il bisogno di un cessate-il-fuoco e affermato quanto sia stata “estremamente generosa” la proposta di Israele a Hamas, come riporta Reuters.
Parallelamente, aumentano le pressioni sul Primo ministro israeliano. Sul piano nazionale, Netanyahu è “schiacciato” dai ministri che spingono per la liberazione degli ostaggi, da un lato, e dai politici intransigenti che parteggiano per un attacco contro Rafah, dall’altro. A livello internazionale, Netanyahu teme che la Corte penale internazionale (ICC) spicchi dei mandati di arresto nei confronti suoi e di altri esponenti politici israeliani, tra cui il Ministro della Difesa Yoav Gallant, scrive il Washington Post.
Israele sarebbe accusato, in particolare, di aver impedito la consegna di aiuti nella Striscia di Gaza. Tuttavia, secondo David Bosco, professore all’Indiana University, «poiché Israele non è membro dell’ICC, questa non ha alcuna giurisdizione sui suoi cittadini». Inoltre, non è escluso che vengano emessi mandati di arresto anche per alcuni membri di Hamas in virtù dei crimini commessi il 7 ottobre.