Le elezioni presidenziali in Cile, domenica 21 novembre, si sono concluse senza un vincitore al primo turno, per cui sarà il ballottaggio a decidere. I due candidati favoriti, José Antonio Kast, della destra conservatrice, e Gabriel Boric, deputato della sinistra, che hanno ottenuto rispettivamente il 28,30 % e il 25,07 % di voti, si scontreranno nuovamente il mese prossimo. Secondo i sondaggisti è una sfida aperta, che vede contrapporsi due fazioni antagoniste, con istanze di governo e programmi da realizzare diametralmente opposti.
Da un lato vi è Kast, esponente del Frente Social Cristiano, simpatizzante di Trump e Bolsonaro; già definito dalla stampa cilena come l’erede dell’ex dittatore Augusto Pinochet. La sua agenda politica rivendica i privilegi dei militari e, in nome della pace e della sicurezza sociale, sostiene dure rappresaglie contro i partecipanti delle proteste (iniziate nel 2019 per il rincaro dei biglietti della metropolitana e poi divenute una contestazione generale contro il sistema sociale del Paese), considerati alla stregua dei terroristi.
Dall’altro lato, il trentacinquenne candidato di sinistra, Gabriel Boric, leader della coalizione Apruebo Dignidad del Frente Amplio e del Partito Comunista cileno. La sua ascesa sociale risale al 2011 quando, da giovane universitario, divenne la figura di spicco del movimento studentesco che reclamava istruzione e sanità pubbliche. Le sue proposte riguardano una maggiore partecipazione dello Stato nell’economia e un nuovo sistema pensionistico lontano dalle mani dei privati.
Lo scenario elettorale cileno è interessato da una estrema polarizzazione che, tra l’altro, deve far i conti con una importante frattura socio-politica, nel frattempo, apertasi.
Durante le numerose e violente proteste, i manifestanti hanno chiesto e ottenuto un referendum per abrogare la Costituzione vigente, attuata da Pinochet. I cileni hanno votato affinché l’Assemblea Costituente fosse maggiormente progressista e formata, pertanto, da candidati indipendenti e nessun parlamentare. L’obiettivo dei legislatori è quello di creare un nuevo Chile sulla base di un moderno testo costituzionale. Le due forze politiche si giocano ora il tutto per tutto al fine di assicurarsi le alleanze in grado di garantire loro la vittoria.
Da che parte si schiereranno il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana? Ma soprattutto, cosa deciderà di fare il 54% della popolazione che si è astenuta dalle votazioni durante il primo turno?
Nel Paese latinoamericano è in atto una disputa epocale tra chi (Kast) non vuole apportare cambiamenti radicali e chi (Boric), invece, promette il rovesciamento dello status quo.
Le sorti della questione sono rinviate al 19 dicembre, data in cui si terrà il ballottaggio e il Cile eleggerà il suo 38° Presidente.