L’11 ottobre scorso, 14 gruppi politici palestinesi si sono riuniti ad Algeri per partecipare a un ciclo negoziale organizzato dallo Stato algerino. L’obiettivo dell’incontro era quello di riprendere un canale di dialogo tra le diverse fazioni palestinesi e dare nuovo slancio alla questione palestinese.
In queste circostanze il 13 ottobre si è arrivati alla firma della “Dichiarazione di Algeri”, un accordo di riconciliazione tra i gruppi politici palestinesi che prevede l’impegno a svolgere elezioni legislative e presidenziali nei Territori palestinesi entro un anno. Inoltre, si è sottolineata l’importanza di riformare la struttura dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), organizzazione fondata nel 1964 e legittima rappresentante di tutto il popolo palestinese (anche quello della diaspora).
La larga intesa raggiunta, merito anche della mediazione algerina, è di importante rilievo, in quanto potrebbe essere un primo passo verso la ricomposizione della frattura geografica, territoriale e politica dei Territori palestinesi.
Dal 2007, i Territori palestinesi sono divisi tra la Striscia di Gaza, controllata da Hamas – movimento radicale palestinese considerato un’organizzazione terroristica da numerosi Paesi occidentali e da Israele – e le enclave della Cisgiordania, sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) in cui la prima forza politica risulta essere Fatah, storico partito di stampo laico e aperto al dialogo con lo Stato ebraico.
Come riporta Al Jazeera, il leader di Fatah ha dichiarato: “Noi siamo molto orgogliosi di essere qui presenti, insieme al Presidente algerino Tebboune. Vogliamo porre fine alla frattura politica e firmare questo accordo per liberarci del cancro che mina la causa palestinese”. Il rappresentante di Hamas, invece, ha mostrato meno ottimismo in merito alla firma dell’accordo, ma spera che la riconciliazione possa fare da apri via per una collaborazione duratura.
Non è la prima volta che le principali forze politiche palestinesi, Hamas e Fatah, firmano un accordo di riconciliazione (l’ultimo di essi nel 2021 sotto il patrocinio egiziano e saudita). Inoltre, le elezioni politiche e presidenziali previste per il maggio 2021 – uno degli impegni assunti dalle parti nell’ambito dell’accordo – sono state poi rinviate a data da destinarsi dal Presidente dell’ANP Mahmoud Abbas, decisione che ha minato la fragile intesa con il movimento Hamas.
Per queste ragioni, l’opinione pubblica palestinese ritiene che l’accordo non darà gli esiti sperati. Tra gli impegni presi, infatti, non c’è la creazione di un governo di unità nazionale che favorirebbe effettivamente un’unione di intenti in sede negoziale e un impegno più costruttivo nella creazione di uno Stato palestinese indipendente.
Chi risulta essere il vincitore di questo ciclo negoziale è invece l’Algeria che vuole allargare la sua influenza nel mondo arabo, a seguito di un nuovo slancio nella sua politica estera. Il Paese ospiterà a novembre il summit della Lega Araba, organizzazione internazionale di Stati del Nord Africa e della penisola araba.
L’Algeria con queste mosse sta cercando di diventare una potenza regionale a tutto tondo, rappresentante quella parte di mondo arabo che non ha normalizzato le relazioni con Israele e che continua a sostenere la causa palestinese.