È iniziata il 26 ottobre la prima fase del piano per il rimpatrio dei profughi siriani residenti in Libano. Il primo gruppo di famiglie di sfollati siriani a Beirut è arrivato in Siria questa mattina, attraverso il valico di Al-Dabbousah, nella campagna occidentale di Homs.
Secondo gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, il numero di famiglie tornate in Siria in questo primo lotto è di quasi 200, circa 1.000 persone, per lo più donne e bambini.
Il Libano ospita oltre 800.000 siriani registrati presso l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, fuggiti dal conflitto scatenato nel 2011 dopo le proteste contro il presidente Bashar Al-Assad.
Nel 2018, il Paese aveva iniziato a ridurre il numero di sfollati siriani, fornendo finanziamenti alla Sicurezza generale libanese, l’agenzia responsabile della salvaguardia dei confini del Paese.
In questo modo, era stato permesso il rimpatrio a coloro che avevano manifestato il desiderio di tornare a casa, dopo aver verificato che non fossero ricercati dalle autorità siriane.
Circa 400.000 siriani sono tornati a casa attraverso questo sistema, che è stato poi bloccato per gli ultimi due anni a causa della pandemia.
Il presidente libanese uscente, Michel Aoun, ha rilanciato l’iniziativa questo mese.
Attualmente, il Libano è alle prese con una crisi finanziaria che ha portato molti residenti alla povertà, lasciando numerosi espatriati siriani di fronte ad una scelta per nulla invidiabile.
La Siria, difatti, è ancora devastata dalla guerra civile e gran parte del paese rimane in rovina, con centrali elettriche, scuole e servizi idrici distrutti dal conflitto. Per questo motivo, il rimpatrio dei profughi siriani viene completamente gestito dalle autorità libanesi, senza alcun sostegno da parte delle Nazioni Unite o associazioni per i diritti umani.
Secondo quanto riportato da Al Jazeera, i gruppi per i diritti umani hanno espresso profonda preoccupazione sul fatto che il governo libanese possa adottare misure coercitive o provocare rappresaglie.
Si ritiene che, per poter convincere le famiglie siriane a tornare nella loro patria, il governo libanese abbia minacciato i rifugiati applicando diverse misure restrittive nei loro confronti, riducendo le assegnazioni di acqua e cibo e intraprendendo occasionali attacchi incendiari nei campi profughi.
La Human Rights Watch (HRW) ha documentato casi in cui i rimpatriati hanno subito gravi violazioni dei diritti umani e persecuzioni per mano del governo siriano e delle milizie affiliate, comprese torture, uccisioni e rapimenti.
La maggior parte degli sfollati intervistati dalla HRW, ha lottato per sopravvivere e soddisfare i propri bisogni primari in Siria.
D’altra parte, il rifugiato Omar al-Borraqi, ha dichiarato alla Reuters che dopo nove anni come profugo in Libano, i fattori emotivi e finanziari hanno avuto un ruolo decisivo nella sua decisione di lasciare il paese.
«C’erano così tanti motivi per cui non tornare in passato, ora Dio ci ha reso le cose più facili».
Ha affermato mentre sedeva su un camion che si preparava a tornare nella sua città natale, vicino Damasco.