Il 9 novembre, in occasione di una cerimonia presso il porto di Tolone, il Presidente francese Emmanuel Macron ha ufficializzato la fine dell’operazione Barkhane, missione militare che vedeva impiegate le truppe francesi nella regione del Sahel.
Tale decisione è da ascrivere nel nuovo Piano strategico nazionale, documento ufficiale che descrive le priorità strategiche e militari della Francia fino al 2030. In base al nuovo piano, le missioni militari all’estero in Sahel subiranno delle riforme strutturali: avranno priorità l’addestramento e la formazione delle truppe locali rispetto alle attività svolte strettamente sul campo dai soldati francesi.
La necessità di rivedere la strategia in Sahel è la diretta conseguenza del fallimento della più ingente missione militare all’estero dell’Eliseo, l’operazione Barkhane. Questa operazione, ideata nel 2013, aveva lo scopo principale di combattere la presenza jihadista e di contribuire alla stabilità securitaria e politica della regione saheliana.
Il lascito coloniale francese nella regione, insieme ad una scarsa conoscenza delle dinamiche socio-culturali locali, hanno determinato la scarsa efficacia dell’operazione. Il Mali rappresenta un caso emblematico. Il Paese africano, a seguito dei due colpi di stato militari verificatisi tra il 2020 e il 2021, ha nei fatti “scacciato” la Francia che ha così deciso di ritirare la metà dei soldati già nell’estate 2021.
Il deterioramento delle relazioni tra Parigi e Bamako è stato anche favorito dalla campagna di disinformazione di Cina e Russia, entrambe interessate ad avere un ruolo in Africa. In particolare, la Russia, grazie alla presenza in loco dei mercenari della compagnia Wagner, ha allacciato delle relazioni militari con i Paesi saheliani a discapito della Francia.
Tuttavia, il Presidente Macron, durante il suo discorso a Tolone, ha affermato che «il nostro sostegno militare proseguirà, ma con delle modalità che decideremo insieme ai Paesi del Sahel e dell’Africa dell’ovest».
L’esercito francese è attualmente impiegato in Niger, Ciad, Burkina Faso e dispone di basi militari o di forze speciali in Costa d’Avorio, Senegal, Gabon e Gibouti. La collaborazione militare sarà sostenuta da una campagna di soft power, volta a rilegittimare la presenza francese nella regione.
Le nuove missioni in Africa dovranno comunque essere limitate nel tempo per evitare che si verifichi una nuova Barkhane. Inoltre, determinante sarà aprire un dialogo tra società civile e istituzioni in Sahel e investire per migliorare le condizioni socio-economiche degli abitanti. Solo così si potranno avere degli effetti di lungo periodo con benefici per la Francia e per l’Africa.