Due giorni dopo aver negato categoricamente di essere stato il leader di un’organizzazione criminale insediata nel Palazzo durante il suo mandato, Pedro Castillo affronta formalmente una seconda misura cautelare di detenzione preventiva di 36 mesi che, secondo le parole del giudice Juan Carlos Checkley, sarebbe «adeguata e proporzionata».
Questa volta Castillo, accusato anche di collusione e corruzione, non è potuto intervenire e ha seguito l’udienza dal carcere di Barbadillo, dove, se non ci saranno cambiamenti nel corso del processo, rimarrà fino all’8 marzo 2026. Uno scenario, questo, che la sua difesa ha cercato di evitare con ogni mezzo.
A dicembre 2022, il leader è stato sottoposto a una prima custodia cautelare di 18 mesi per il presunto reato di ribellione, a seguito del fallito tentativo di golpe, nel tentativo di creare un “governo di eccezione”.
Questa misura è indipendente. «Non vi è alcun impedimento all’emissione di una seconda ordinanza, in quanto di natura cautelare», ha spiegato il giudice Checkley. I presupposti principali per questa misura sono tre: il forte sospetto riguardo il compimento del reato; l’eventuale pena deve essere superiore a quattro anni; l’alta probabilità di pericolo di fuga e di intralcio alle indagini. Secondo il giudice, Castillo soddisfa ognuno di questi requisiti.
In primo luogo, Checkley, ha sostenuto che ci sono forti indizi che farebbero pensare che l’ex presidente sia coinvolto nell’acquisto di biodiesel per la Petroperu, la società petrolifera nazionale del Perù, con l’obiettivo di favorire la società Heaven Petroleum Operators; una trattativa, questa, per la quale Castillo avrebbe ricevuto due milioni di soles. È inoltre possibile che abbia preso parte a una gara d’appalto irregolare per la costruzione del Ponte Tarata, nella regione di San Martin.
Inoltre, secondo quanto riferisce El País, il giudice ritiene che Castillo non abbia un permesso di soggiorno permanente, che la sua famiglia non sia più in Perù (il Messico ha concesso asilo politico alla moglie, Lilia Paredes, e ai due figli) e che sarebbe in grado di lasciare il Paese, in riferimento al fatto che Castillo è stato arrestato il 7 dicembre mentre si stava recando all’ambasciata messicana.
«È un perseguitato politico. Faremo ricorso», ha dichiarato Eduardo Pachas, avvocato di Castillo.
Oltre a ciò, il magistrato ha evidenziato una presunta intimidazione di testimoni, a seguito della detenzione preliminare di Jorge Ernesto Hernández Fernández, alias El Español, accusato di coordinare una rete di controspionaggio orchestrata da Castillo per attaccare i suoi avversari. A questo si aggiunge il tentativo di intervenire nel sistema giudiziario come parte del golpe.
«Il risultato non può che essere quello di limitare la libertà di Castillo», ha concluso il giudice.
La magistratura ha inoltre ordinato 36 mesi di detenzione preventiva nei confronti dell’ex ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni Juan Silva, il quale risulta latitante; presumibilmente potrebbe trovarsi in Bolivia. Allo stesso modo, Geiner Alvarado, ex ministro dell’Edilizia Abitativa, ha ricevuto ordine di comparizione in giudizio. Dovrà attenersi alle regole di condotta e pagare una somma di 35.000 soles (circa 9.250 dollari).