Dopo due settimane di elezioni, Recep Tayyip Erdoğan, leader del partito conservatore Akp, si conferma nuovamente vincitore con il 52,14% di voti contro il 47,86% di Kemal Kılıçdaroğlu, che ha guidato una coalizione di sei partiti di opposizione. Nel discorso successivo alla rielezione, Erdoğan ha ribadito: «Per i prossimi cinque anni ci è stata affidata la responsabilità di guidare il Paese. Non sono l’unico vincitore, il vincitore è la Turchia e la nostra democrazia.»
Per la prima volta dalla sua ascesa al potere iniziata più di 15 anni fa, Erdoğan ha dovuto affrontare un secondo turno di votazioni, trovandosi di fronte una forte opposizione che ha ottenuto i risultati migliori dopo decenni di sconfitte assicurate. Kılıçdaroğlu, leader del Partito kemalista fondato dal padre della Turchia moderna, Kemal Atatürk, ha invitato il presidente rieletto a usare il potere che detiene con moderazione.
Durante la campagna elettorale, Erdoğan ha affermato la propria posizione su diversi punti cruciali che riguardano il paese. Ha riconosciuto che le sue sfide principali saranno affrontare sia la crisi economica sia le conseguenze del terremoto che a febbraio ha coinvolto undici province del sud della Turchia. Il presidente ha infatti promesso di risollevare un’economia che attualmente ha un tasso d’inflazione superiore al 50% e di costruire e consegnare le case delle vittime del terremoto entro due anni.
Un’altra questione al centro della campagna elettorale turca è stata la gestione dell’immigrazione. Nel paese ci sono più di 5 milioni di rifugiati, di cui 3,5 milioni provenienti dalla Siria. L’opposizione si è sempre espressa contro l’arrivo di nuovi rifugiati perché i siriani rappresentano l’islamismo e simboleggiano regressione. Per tale motivo, i siriani residenti in Turchia hanno appoggiato Erdoğan, ma poiché gran parte degli elettori di quest’ultimo si lamenta dell’immigrazione, non si esclude che nei prossimi mesi il presidente cambierà la propria politica migratoria, riporta RTVE.
Secondo gli esperti, nei prossimi mesi Erdoğan dovrà anche fare una scelta decisiva riguardo la propria politica di bilanciamento tra Russia e Stati Uniti. Infatti, nonostante la Turchia sia membro della NATO, non ha appoggiato le sanzioni europee e statunitensi contro Mosca e mantiene il veto sull’adesione della Svezia all’Alleanza. Inoltre, ha assunto un ruolo proprio all’interno della NATO proponendosi come mediatore dell’accordo sul grano tra Ucraina e Russia e la sua politica estera si è avvicinata all’Egitto e a Israele. Secondo Carlos Ortega Sánchez, specialista e ricercatore presso El Orden Mundial, l’approccio politico pragmatico di Erdoğan consiste nell’adattarsi alle circostanze, di conseguenza farà le scelte che più lo avvantaggeranno.