mercoledì, 2 Aprile 2025
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CPR in Albania e ius sanguinis: le ultime misure del Governo

Il Governo approva una soluzione alternativa per i centri in Albania, ora centri per il rimpatrio. Il dissenso delle opposizioni: procedure troppo lunghe e soldi pubblici sprecati. Cambia anche la legge sullo ius sanguinis

«Abbiate fiducia. I centri in Albania funzioneranno». Così aveva esordito la Presidente del Consiglio a dicembre ad Atreju, ribadendo che avrebbe mantenuto la promessa anche a costo di piantare le tende lì fino alla fine del suo mandato. Qualche giorno fa il nuovo Consiglio dei Ministri ha approvato la riattivazione dei centri, questa volta non come strutture di detenzione per i migranti soccorsi in mare da navi italiane, ma come centri di rimpatrio per quei richiedenti asilo in Italia su cui pende un decreto di espulsione. Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi afferma che tale decisione temporanea permetterà di riaprire anche il campo di Gjader, finora in disuso, come riporta Reuters.

I centri in Albania erano nati con l’auspicio di Meloni di rimpatriare almeno 36.000 richiedenti asilo all’anno, ma la Corte di Giustizia dell’UE aveva precisato che, affinché il rimpatrio potesse avvenire, i Paesi di questi ultimi dovevano essere considerati “sicuri”. Si tratta di una sentenza non direttamente collegata all’Italia, ma i giudici italiani vi si sono appellati, ottenendo lo stop ai trasferimenti dei migranti e, di fatto, lo stallo dei centri per diversi mesi.

Le opposizioni non ci stanno. La segretaria dem, in un post su Instagram, considera la manovra uno stratagemma «per coprire il fallimento totale della propaganda del Governo, con l’utilizzo di 800 milioni di euro degli italiani che si potevano usare per assumere medici e infermieri». I costi di questa nuova soluzione sono effettivamente maggiori, perché data «la normativa europea vigente che non consente di delocalizzare un centro di rimpatri in un Paese terzo», i migranti mandati in Albania non potrebbero essere rimpatriati direttamente nel paese di destinazione ma verrebbero comunque riportati in Italia. Inoltre, prosegue Schlein, «il protocollo prevede che solo una piccola parte dei centri albanesi possa essere utilizzato come CPR, per un totale di meno di 50 posti. Quindi, per convertirli tutti bisognerebbe rivedere il protocollo con l’Albania. Sostenere che questa conversione non avrebbe costi maggiori è semplicemente ridicolo».

L’ultimissima misura del Governo riguarda invece le nuove limitazioni allo ius sanguinis, principio giuridico per cui l’individuo eredita la propria nazionalità dai genitori, che gli viene trasmessa per linea di sangue. Secondo le regole finora esistite, chiunque possa provare l’esistenza di un antenato italiano vissuto dopo la nascita del Regno d’Italia, può richiedere la cittadinanza. Con le nuove restrizioni, però, l’albero genealogico viene interrotto ai nonni, non si può cercare più indietro nel tempo. Tajani ha citato l’affollamento dei Consolati, bombardati dalle richieste di cittadini che scavano nel loro albero genealogico alla ricerca di antenati italiani e certificati di nascita. «Stiamo lottando fortemente contro chi vuole lucrare dall’opportunità di divenire cittadino italiano», contro la commercializzazione e gli abusi dei passaporti, riporta Reuters. Secondo il quotidiano economico argentino Ámbito Financiero, solo nel 2024 sono 30.000 gli argentini che hanno ottenuto la cittadinanza italiana, 20.000 i brasiliani. Tutte cifre destinate a crollare con le nuove misure.

Laura Vargiu
Studentessa della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
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