Il 4 giugno 2025, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato un nuovo ordine esecutivo che reintroduce e amplia il travel ban, vietando completamente l’ingresso nel Paese ai cittadini di 12 nazioni e imponendo restrizioni parziali ad altre 7.
Secondo quanto riportato da The Guardian, le restrizioni totali riguardano Afghanistan, Myanmar, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. Le restrizioni parziali, invece, interessano i cittadini di Burundi, Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan e Venezuela.
Trump ha giustificato la decisione apportando motivi di sicurezza nazionale, politica estera e lotta al terrorismo. In un messaggio video, ha fatto riferimento a un recente attacco avvenuto a Boulder, in Colorado, come esempio dei pericoli derivanti dall’ingresso di cittadini stranieri non adeguatamente controllati. Ha inoltre affermato che la lista dei paesi soggetti al ban potrà essere modificata in base all’evoluzione delle minacce globali.
Le critiche non si sono fatte attendere. Secondo il The Guardian, la rappresentante democratica Pramila Jayapal ha definito la politica «discriminatoria» e «dannosa» per l’economia e le comunità che beneficiano del contributo degli immigrati. Organizzazioni per i diritti civili hanno denunciato il provvedimento come «razzista» e «crudele», sottolineando il rischio di separazione familiare e l’impatto negativo di studenti e lavoratori stranieri.
Il nuovo travel ban, che entrerà in vigore oggi, 9 giugno 2025, esclude i possessori di visti validi e i residenti permanenti. Tuttavia, le nuove richieste di visto da parte dei cittadini dei paesi interessati saranno sospese o fortemente limitate, con alcune eccezioni per visti diplomatici, familiari stretti e casi di interesse nazionale. Un’esenzione è prevista per atleti e personale di supporto partecipanti a eventi sportivi internazionali come la Coppa del Mondo FIFA 2026 e le Olimpiadi del 2028.
Rispetto al travel ban del 2017, questa nuova versione è più ampia e include paesi come Haiti e Venezuela, che non erano presenti nella lista originale. Le restrizioni saranno riesaminate ogni 180 giorni per eventuali modifiche. Nel frattempo, le comunità interessate e le organizzazioni per i diritti umani continuano a esprimere preoccupazione per le conseguenze di questa politica sulle vite di milioni di persone.