Il brutale attentato al candidato presidenziale Miguel Uribe Turbay ha scosso profondamente la Colombia. A riportare l’accaduto è il The Guardian. L’episodio ha riportato alla memoria un passato segnato dal sangue.
Uribe, esponente di destra del partito Centro Democrático, è stato colpito tre volte durante un evento elettorale. Due proiettili hanno raggiunto la testa, uno la gamba.
Le sue condizioni restano critiche.
Un quindicenne è stato arrestato per l’attacco. Secondo le autorità, il giovane avrebbe confessato di essere stato pagato per sparare. L’attacco ha suscitato un’ondata di paura e indignazione. Per molti colombiani, ricorda i tragici anni ’80 e ’90, quando la politica era bersaglio dei proiettili e il Paese viveva in una spirale di terrore politico alimentato da gruppi armati e narcotrafficanti.
Andrés Barrios, consigliere e amico di Uribe, ha dichiarato: «Stiamo tornando ai peggiori momenti di violenza che il nostro Paese abbia mai conosciuto». Barrios era presente al momento dell’attacco. Ha denunciato che Uribe aveva chiesto più protezione almeno 25 volte, senza ottenere risposta.
Il presidente Gustavo Petro ha riconosciuto gravi carenze nella sicurezza. Il giorno dell’attacco, le misure per Uribe erano state ridotte in modo drastico. Petro ha promesso un rafforzamento della protezione per tutti i leader dell’opposizione e ha accusato un’organizzazione criminale internazionale di aver orchestrato l’attacco.
Human Rights Watch segnala un netto aumento della violenza nel Paese. Dal 2016, omicidi, rapimenti e sfollamenti sono cresciuti in modo preoccupante. Elizabeth Dickinson, analista dell’International Crisis Group, ha spiegato che la violenza politica è un messaggio. Serve a diffondere paura e a polarizzare il Paese.
Nelle ultime settimane, ci sono stati altri attacchi in varie città colombiane. Nella zona di Cali almeno sette persone sono morte e 50 sono rimaste ferite. León Valencia, esperto di violenza elettorale, ha avvertito: «Questo attacco ha rovinato la campagna elettorale. È un duro colpo alla democrazia». Dopo l’attentato, diversi candidati hanno sospeso le proprie attività. L’instabilità rischia di compromettere l’intero processo democratico del 2025. Juanita Goebertus, direttrice di Human Rights Watch per le Americhe, ha affermato: «Se possono colpire Uribe, allora nessuno è davvero al sicuro».
La Colombia si trova oggi a un bivio: o riuscirà a difendere la propria fragile democrazia, oppure rischia di ricadere in un ciclo di terrore che colpisce chi osa candidarsi, chi informa e chi giudica. La storia familiare di Uribe, segnato dalla morte della madre, vittima del cartello di Escobar, è emblematica di un Paese dove la violenza continua a trasmettersi di generazione in generazione.