Dall’inizio del 2025 diversi Paesi sono stati sconvolti dalle proteste della cosiddetta generazione Z, ovvero della generazione di persone nate tra il 1997 e il 2010. Animata da una crescente sfiducia nei governi, dalla preoccupazione per il cambiamento climatico, la corruzione e le disuguaglianze dilaganti, la generazione Z di molti Paesi del mondo è scesa in piazza, innanzitutto in Indonesia.
I moti di protesta indonesiani sono iniziati nell’agosto del 2025 con manifestazioni alle porte del Parlamento, a causa dei numerosi tagli all’istruzione e alla sanità, e dopo il crescente potere dato all’esercito dal Primo Ministro Prabowo Subianto, come riporta il Guardian. Il Governo ha risposto con violenza alle manifestazioni, uccidendo Affan Kurniawan, un fattorino di 21 anni non coinvolto nelle proteste, come segnalato dalla BBC. La sua morte ha scatenato indignazione in tutto il Paese.
In Nepal, le proteste hanno provocato la caduta del Governo del primo ministro Khadga Prasad Sharma Oli. Come riporta il think thank statunitense Carnegie Endowment for International Peace, il movimento giovanile è nato a seguito del senso di malcontento sviluppatosi nei confronti di una classe politica incapace di rispondere alle esigenze della nuova generazione. Il Governo ha risposto vietando nel Paese l’utilizzo di 26 piattaforme di social media, giustificando tale azione con la volontà di contrastare la disinformazione. Per molti giovani, la misura ha rappresentato un tentativo subdolo di reprimere la libertà di espressione. La mobilitazione è stata guidata da un gruppo di giovani attivisti e ha innescato la risposta delle autorità, dimostratasi violenta. Gli scontri con la polizia hanno provocato centinaia di feriti e 19 morti, introducendo nel Paese una crisi politica inedita.
In Africa, proteste contro l’incompetenza delle classi dirigenti sono scoppiate in Marocco e in Madagascar. Nel Paese nordafricano, le proteste sono state organizzate da un movimento popolare che si fa chiamare GenZ 212. Come riporta il Washington Post, la struttura del movimento è orizzontale, priva di qualsiasi gerarchia e capace di rendere la rete di giovani attivisti più fluida e spontanea, ma anche vulnerabile, ostacolando il dialogo con le autorità. Le rivolte sono iniziate dopo gli investimenti del Governo per le infrastrutture che ospiteranno la Coppa d’Africa 2026 e co-ospiteranno la Coppa del Mondo FIFA 2030, ignorando le sofferenze della popolazione per la mancanza di risorse nei servizi sanitari pubblici. Le proteste marocchine riflettono la disillusione di una nuova generazione, incapace di riconoscersi nei valori dei partiti al potere e motivata a ricostruire un Paese più equo, inclusivo, disposto ad affrontare le disuguaglianze e i problemi che affliggono l’intera comunità. Nella sola giornata di sabato 27 settembre, Al Jazeera segnala l’arresto di 200 manifestanti da parte delle autorità marocchine.
In Madagascar, le strade si sono riempite di giovani che chiedono acqua pulita, elettricità costante e dignità per tutti. Quella che era iniziata come rabbia per le persistenti interruzioni di acqua ed elettricità, si è presto sviluppata in un malcontento generale arrivando a richiedere le dimissioni del Presidente Andry Rajoelina, come riportato da Al Jazeera. Secondo il report delle Nazioni Unite almeno 22 persone sono morte durante gli scontri con l’esercito.
In Sud America, il Perù è stato scosso da settimane di proteste partite da movimenti studenteschi, successivamente estese ad altri collettivi, contro il malgoverno della Presidente Dina Boluarte e della coalizione di maggioranza che la sosteneva, accusata di autoritarismo. Come riporta BBC Mundo, inizialmente si sono radunati per le strade di Lima piccoli gruppi di persone, dopo un passaparola sui social. Successivamente, sono stati raggiunti da gruppi di studenti universitari, poi da sindacati. Le proteste riguardavano la riforma delle pensioni, l’insicurezza e la criminalità crescente, legata a un sistema di estorsioni che da tempo si abbatte su piccole imprese e aziende di trasporti. L’obiettivo di destituire Boluarte è stato raggiunto: il suo governo è caduto, per impeachment, il 10 ottobre 2025. L’accusa del Parlamento è di «incapacità morale permanente», come riporta la CNN.
Tutti questi episodi, pur essendo indipendenti, mostrano un filo conduttore: il risentimento dei giovani nei confronti dei governi. Sentimento esacerbato dall’influenza dei social media, impiegati per la condivisione di idee e il coordinamento delle manifestazioni. «Penso che questa potrebbe in realtà essere una nuova nascita della cultura della protesta e credo che sarà globale» ha affermato Shana MacDonald, titolare della cattedra O’Donovan in Comunicazione presso l’Università di Waterloo, intervistata da CBC News.
di Lisia Petrini, Laura Vargiu, Teresa Centrone


