lunedì, 17 Novembre 2025
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Tra pragmatismo e rischio: il tentativo di pace di Donald Trump in Ucraina

Donald Trump propone di fermare la guerra in Ucraina lungo le linee attuali. Ma congelare il conflitto rischia di premiare Mosca e lasciare irrisolte le questioni alla base dello scontro.

La reazione del mondo dinanzi alla proposta del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di fermare la guerra in Ucraina lungo le linee di combattimento attuali è stata scettica. Da un lato, l’idea di una tregua sembra voler affrontare concretamente un conflitto intenso che diffonde morte e dolore, dall’altro lato, il rischio di fermare le ostilità in una posizione di vantaggio per la Russia sembra preoccupare gran parte dell’opinione pubblica occidentale: mentre alcuni ritengono che l’iniziativa di Trump rappresenti un tentativo pragmatico di sospendere la guerra, altri la considerano una strategia diplomatica che rischia di legittimare le conquiste russe.

Come riportato dal The Washington Post, Zelensky ha dichiarato di essere disposto a valutare la proposta di Trump come un punto di partenza per una “pace giusta e duratura”. Dal lato russo, invece, la posizione è ferma: secondo il quotidiano irlandese The Irish Times, Mosca ha respinto l’idea di un cessate il fuoco immediato senza condizioni, evitando così di cedere alle pressioni internazionali. Il Cremlino vuole garanzie concrete: il riconoscimento degli obiettivi strategici, dei territori occupati e delle condizioni politiche e militari favorevoli alla Russia permetterebbe a Mosca di consolidare la propria posizione senza ulteriori scontri. Per l’Ucraina, accettare questi termini significherebbe rinunciare alla sovranità nazionale e alla possibilità di recuperare i territori sottratti dalla Russia.

Dunque, secondo il quotidiano statunitense sembrerebbe un tentativo del presidente degli Stati Uniti di presentarsi come un “pacificatore globale” in uno scenario internazionale segnato da un notevole numero di conflitti.  Nella sua logica, il conflitto in Ucraina è una questione di interessi strategici, geopolitici ed economici e di costi in termini di vite umane perse, risorse economiche spese, rischi politici e diplomatici, che lascia considerare il conflitto come un problema da gestire per minimizzare i costi e massimizzare i benefici. Tale approccio può risultare distaccato dal punto di vista morale, aumentando la tensione tra il realismo pragmatico e la giustizia morale.

Le ambiguità e i rischi legati alla proposta di Trump sono molteplici: per l’Ucraina accettare la linea attuale potrebbe comportare il riconoscimento di territori perduti. Al contrario, il proseguimento della guerra rischierebbe di isolare il Paese sulla scena diplomatica, perdendo così il sostegno internazionale e riducendo gli aiuti economici e militari. Per la Russia, il congelamento del conflitto e il riconoscimento delle condizioni potrebbe segnare una vittoria strategica significativa, senza la necessità di avanzare ulteriormente sullo scenario di guerra.

Il tentativo di Donald Trump di mediare una pace in Ucraina si dimostra un’operazione che suscita pareri contrastanti: da un lato, può essere portavoce di un realismo pragmatico capace di porre fine ad un importante conflitto, dall’altro rischia di favorirlo a svantaggio dei principi di giustizia e di sovranità del paese ucraino.

La domanda sorge spontanea: una pace senza giustizia può essere definita veramente una pace? Il congelamento del conflitto senza una giusta trattazione delle questioni alla base dello scontro potrebbe essere un passo verso un’ulteriore guerra. Al contrario, se il tentativo di tregua ha basi solide, inclusive e considera i bisogni di tutte le parti, potrebbe trasformarsi in qualcosa di concreto e di duraturo.

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