Josep Borrell, Alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, giovedì 30 dicembre, ha dichiarato la necessità di aumentare le azioni internazionali preventive nei confronti della Birmania, lacerata da quasi un anno di proteste.
Dallo scorso 1° febbraio, infatti, nel Paese asiatico è salito al potere, a seguito di un colpo di Stato, il generale Min Aung Hlaing. L’ex premier birmana e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, è stata arrestata e le proteste di piazza contro il regime sono esplose.
Il 25 dicembre, Save the Children ha denunciato l’attacco da parte dell’esercito birmano, che la sera della vigilia di Natale ha colpito lo stato di Kaya (situato nel Myanmar orientale) causando la morte di 35 civili tra cui quattro bambini e due volontari della ONG.
L’UE ha deciso, pertanto, di introdurre un embargo sulle armi contro il regime militare. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato il massacro, sottolineando la necessità che i responsabili di questi atti siano chiamati a rispondere.
Anche gli Stati Uniti hanno definito inaccettabili queste azioni.
L’Alto rappresentante dell’UE, attraverso i social media, ha parlato di grave violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, incluso quello umanitario, annunciando che le sanzioni contro il regime – già attuate dopo golpe militare di febbraio – saranno inasprite.
Antony Blinken, segretario di Stato statunitense, in un comunicato, ha dichiarato che le atrocità compiute dall’Esercito contro il popolo birmano devono avere giustizia; a questo fine, la comunità internazionale dovrà attivarsi per impedire che vengano commesse ancora violenze di questo tipo.
In che modo? Impedendo la vendita di armi ai militari, per iniziare.
La stampa ufficiale, tuttavia, ha riferito che i militari hanno colpito terroristi armati a bordo di veicoli che non si erano fermati a un controllo.
L’Esercito birmano, da parte sua, ha dichiarato di lottare contro gruppi di terroristi rappresentati dall’opposizione democratica, come il Governo di Unità Nazionale, ovvero “l’Esecutivo parallelo”, un comitato di parlamentari esautorati dal regime e fuggiti all’estero, che richiede alla comunità internazionale un embargo sulle armi.