Mercoledì 15 maggio, la piattaforma musicale YouTube è stata costretta per ordine del tribunale di Hong Kong a bloccare 32 video nel paese. I filmati rimossi contenevano la canzone Glory to Hong Kong, un brano registrato da un’orchestra anonima e diventato simbolo delle manifestazioni pro-democrazia del territorio nel 2019. La canzone pone in primo piano temi come il coraggio e la libertà.
Dopo l’emanazione della nuova regolamentazione, i video sono stati immediatamente bloccati nel paese. Nel tentativo di cercarli, è comparso un messaggio che affermava che il contenuto non era disponibile nel dominio del paese a causa di un ordine del tribunale, come riportato da The Guardian.
Il portavoce di YouTube ha prontamente rilasciato una dichiarazione, riportata da Reuters, affermando: «siamo delusi dalla decisione della Corte, ma stiamo rispettando il suo ordine di rimozione», aggiungendo: «continueremo a valutare le nostre opzioni per un appello, per promuovere l’accesso all’informazione».
I responsabili della piattaforma non sono stati i soli a mostrare perplessità rispetto alla decisione presa da Hong Kong. Sia il governo americano sia altri gruppi per i diritti umani hanno considerato questa mossa come una limitazione della libertà.
George Chen, co-presidente del settore digitale di Asia Group, società di consulenza aziendale e politica con base negli Stati Uniti, ha affermato: «ciò danneggerà la reputazione di Hong Kong come centro finanziario leader perché sappiamo quanto sia importante un libero flusso di dati e informazioni per un centro finanziario», come riferito dalla ABC News.
Le preoccupazioni sollevate derivano anche dal fatto che questa restrizione potrebbe compromettere le operazioni delle grandi aziende tecnologiche e danneggiare l’attrattività del territorio come polo commerciale.
Secondo quanto riferito dalla CNN, Jeff Paine, amministratore delegato del gruppo Asia Internet Coalition, che include membri come Meta e Spotify, ha affermato: «crediamo che un internet libero e aperto sia fondamentale per le ambizioni della città di diventare un hub internazionale di tecnologia e innovazione».
Dall’altra parte, Carrie Lam, il capo esecutivo di Hong Kong, ha affermato: «non dovremmo usare il termine canzone proibita», aggiungendo poi: «il divieto prende di mira atti che utilizzano la canzone per combattere l’indipendenza di Hong Kong», come riferisce HKFP.
La richiesta di rimuovere “Glory to Hong Kong” dalle piattaforme è stata avanzata già nel giugno del 2023 dal Dipartimento di Giustizia di Hong Kong, ma inizialmente è stata respinta. Solo la scorsa settimana, dopo aver presentato ricorso contro la decisione precedente, la situazione è cambiata, con il divieto definitivo dell’inno all’interno del paese. Le autorità hanno anche sollecitato la rimozione dalla ricerca su Google, al fine di eliminare ogni traccia della canzone.