Dopo un ulteriore dibattito per anticipare le elezioni in Perù a fronte della crisi del Paese, il Congresso ha respinto le proposte questo giovedì, 2 febbraio. Il parlamento ha respinto ancora una volta proposta di legge per anticipare le elezioni.
Secondo quanto riporta la CNN, «Con 75 voti contrari, il Congresso ha respinto il parere i disegni di legge riguardanti la riforma costituzionale per l’anticipazione delle elezioni generali e il referendum per la convocazione di un’assemblea costituente».
Divisi in due schieramenti, i politici hanno presentato progetti già consapevoli di non avere alcuna possibilità di farli passare.
Mercoledì 1° febbraio, 54 membri del Congresso hanno votato a favore di una proposta di legge presentata dai sostenitori di Fujimori, mentre, giovedì 2 febbraio, 47 membri hanno votato a favore di un’altra proposta di legge di Perù Libre, la nona a essere dibattuta in sessione plenaria. Non sono nemmeno lontanamente vicini a un accordo. La maggioranza è di 87 voti.
Il Paese rimane bloccato in una situazione di agitazione sociale e politica che sembra non avere via d’uscita. Le proteste continuano a quasi due mesi dal fallito golpe di Pedro Castillo e il numero di morti registrati ammonta a 58 persone.
La sensazione nelle strade è che la situazione sia diventata insostenibile. A questo punto, nessuno pensa alle elezioni come a una soluzione, ma piuttosto come al male minore. Come minimo, dovrebbero «andarsene tutti» ed eleggere nuovi rappresentanti. La decisione di anticipare le elezioni è nelle mani del Congresso, l’istituzione peggio considerata del Paese, con un indice di gradimento del 7% secondo gli ultimi sondaggi, secondo quanto riportato da El País.
La richiesta di elezioni anticipate non è solo nazionale. Alcune organizzazioni internazionali, come l’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), hanno chiesto che la votazione avvenga il prima possibile. Tuttavia, il Congresso continua a concentrarsi sui propri interessi e i membri del Congresso non rinunciano alla propria posizione, continuando a ignorare il consenso.
Proprio questo giovedì, 2 febbraio, mentre il Congresso discuteva il nuovo testo da respingere, la Presidente si è recata a Piura ed è stata categorica: «le mie dimissioni non sono sul tavolo in questa situazione. So che c’è una piccola parte dei gruppi che stanno generando violenza e caos nel Paese che, come forma di ricatto, chiedono le mie dimissioni. Non cederemo a questo ricatto politico e anarchico che vuole portare il Paese al disordine e alla crisi», riferisce inoltre il quotidiano spagnolo. Tuttavia, per la maggioranza dei peruviani, il Paese si trova già in uno stato di disordine e crisi che non si vedeva da decenni.