giovedì, 21 Novembre 2024
HomeNotizie dal mondoHong Kong: la Corte d’appello vieta la riproduzione di un inno di...

Hong Kong: la Corte d’appello vieta la riproduzione di un inno di protesta

La Corte d’appello di Hong Kong ha accolto mercoledì 8 maggio la richiesta del Governo di vietare la riproduzione dell’inno di protesta Glory to Hong Kong. La sentenza è arrivata un anno dopo la precedente decisione dell’Alta Corte di non imporre un divieto sull’inno, poiché ciò avrebbe avuto “effetti agghiaccianti” sulla libertà di parola, come riporta la BBC.

L’uso dell’inno è ancora ammesso con finalità legate agli ambiti accademico e giornalistico. Sono, invece, vietate la sua riproduzione e condivisione se aventi lo scopo di “incitare gli altri a commettere secessione” e di promuovere in ogni caso la separazione e l’indipendenza di Hong Kong dalla Cina. In aggiunta, è vietato l’impiego dell’inno di protesta come inno ufficiale della regione. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha affermato che questa scelta deriva dalla necessità di salvaguardare la sicurezza nazionale.

«Liberare Hong Kong» e «Possa il popolo regnare, orgoglioso e libero, ora e per sempre» sono alcuni dei versi della canzone, la cui riproduzione adesso potrebbe condurre all’ergastolo, scrive la BBC. Secondo i giudici della Corte d’appello, l’inno è stato composto affinché fosse usato come arma, riporta Reuters. Già nel 2020 il Governo cinese aveva imposto a Hong Kong delle restrizioni sulla riproduzione del brano. Nel dettaglio, una nuova legge sulla sicurezza nazionale vietava di cantarlo nelle scuole del territorio.

Hong Kong è una regione amministrativa speciale della Cina, con la quale intrattiene relazioni fondate sul principio “one country, two systems”. Con questa formula si indica il particolare tipo di rapporto che lega i due territori dal 1997, anno in cui la regione è stata “riconsegnata” alla Cina dal Regno Unito, per almeno 50 anni. Secondo la formula, la regione di Hong Kong mantiene uno stato di semi-autonomia rispetto al Governo cinese, il che implica, tra le altre cose, un sistema giuridico e di politica interna a parte.

L’inno è stato concepito durante l’ondata di proteste che ha infiammato il territorio di Hong Kong nel 2019. I protestanti si opponevano fermamente a un disegno di legge che consentiva l’estradizione dei fuggitivi nella Cina continentale, nonostante la preesistente legge sull’estradizione indicasse chiaramente che questa pratica non si applicava alla Repubblica popolare, come scriveva la CNN all’epoca dei fatti.

Negli ultimi anni, Glory to Hong Kong è stato utilizzato diverse volte anche in occasioni internazionali. Nello specifico, la canzone di protesta è stata proposta e riprodotta come inno ufficiale di Hong Kong in due eventi sportivi internazionali: una partita di rugby a sette nel 2022 e un campionato di hockey su ghiaccio nel 2023.

Anche alcune aziende tech sono state coinvolte nella faccenda. I giudici, infatti, hanno aggiunto che è necessario persuadere queste compagnie a “rimuovere i video problematici collegati alla canzone” dalle loro piattaforme. Da parte sua, Google ha dichiarato di non avere intenzione di mostrare l’inno nazionale cinese al posto della canzone di protesta agli utenti che cercano sulla piattaforma l’inno nazionale di Hong Kong, come riportato da Reuters.

Anna Valle
Studentessa di Investigazione, Criminalità e Sicurezza internazionale
RELATED ARTICLES

In evidenza

I più letti