Breyten Breytenbach, celebre scrittore, poeta e attivista sudafricano, è morto a 85 anni a Parigi, accanto alla moglie Yolande. Critico feroce dell’apartheid e figura di spicco della letteratura in afrikaans, Breytenbach ha dedicato la sua vita alla lotta contro l’oppressione razziale e all’impegno per la giustizia e i diritti umani.
Nato il 16 settembre 1939 nel Western Cape, Breytenbach iniziò la sua carriera come membro dei Sestigers, un gruppo di poeti e scrittori che utilizzavano l’afrikaans per denunciare le ingiustizie del regime di apartheid. Pur riconoscendo la bellezza della lingua, rifiutava l’associazione con l’identità politica degli afrikaner. In un’intervista al New York Times dichiarò: «Non rinuncerò mai all’afrikaans come lingua, ma lo rifiuto come parte dell’identità politica afrikaner», secondo quanto riportato dalla BBC.
Dopo aver lasciato il Sudafrica nel 1960 per un autoesilio in Europa, si stabilì a Parigi, dove incontrò sua moglie, Yolande Ngo Thi Hoang Lien. Nel 1975, durante un ritorno clandestino nel suo Paese per sostenere il movimento di resistenza, fu arrestato e condannato a sette anni di carcere con l’accusa di terrorismo. La sua prigionia, inclusi due anni in isolamento, ispirò una delle sue opere più celebri, The True Confessions of an Albino Terrorist, un racconto crudo e intenso della sua esperienza.
Dopo il rilascio, ottenuto grazie all’intervento del presidente francese François Mitterrand, Breytenbach divenne cittadino francese ma continuò a lottare per il Sudafrica e per altre cause globali. Pubblicò oltre cinquanta opere, tra poesie, romanzi e saggi, esplorando con profondità temi come l’esilio, l’identità e la giustizia. Era noto anche per i suoi dipinti surreali, che raffiguravano spesso esseri umani e animali in cattività.
La sua vita non fu priva di contraddizioni: pur essendo un simbolo della lotta contro l’apartheid, criticò aspramente l’African National Congress (ANC) dopo la fine del regime, definendolo un’organizzazione corrotta. Si schierò anche contro ingiustizie globali, come il conflitto israelo-palestinese, denunciando le violazioni dei diritti umani in una lettera aperta rivolta all’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon, pubblicata nel 2002 su The Guardian. Nella lettera, Breytenbach denunciava il trattamento riservato ai palestinesi, paragonando i territori occupati ai Bantustan sudafricani e accusando Sharon di politiche razziste e distruttive: «Non si può costruire uno Stato stabile sull’espulsione di un altro popolo».
Breytenbach ricevette importanti riconoscimenti, tra cui il titolo di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere, la più alta onorificenza culturale francese. La BBC riporta una dichiarazione di sua moglie Yolande e sua figlia Daphnée, nella quale ricordano Breytenbach come «un immenso artista, militante contro l’apartheid, che ha lottato per un mondo migliore fino alla fine».
Il lavoro di Breytenbach ha influenzato la letteratura e le arti sia in Sudafrica che all’estero, lasciando un’eredità culturale e politica che continua a ispirare generazioni di attivisti e artisti in tutto il mondo.