Il settore turistico negli Stati Uniti sta registrando un calo significativo, con stime che parlano di una perdita di circa 64 miliardi di dollari in entrate. Secondo gli esperti, uno dei principali fattori di questa tendenza sarebbe la politica migratoria più rigida introdotta dall’amministrazione Trump, che ha sollevato preoccupazioni tra i viaggiatori.
Negli ultimi mesi, diversi turisti provenienti da paesi occidentali si sono visti negare l’ingresso negli Stati Uniti senza spiegazioni chiare. Alcuni hanno anche subito detenzioni prolungate in condizioni difficili, pur non avendo commesso alcun reato. Tra i casi che hanno destato maggiore attenzione c’è quello di un’attrice canadese, trattenuta in un centro di detenzione prima di essere rimpatriata.
Adam Sacks, presidente di Tourism Economics, ha dichiarato che la situazione economica del settore turistico è peggiorata sensibilmente: «Non solo per l’aumento delle tariffe, ma anche per la retorica e il tono condiscendente che hanno caratterizzato l’approccio del governo Trump».
I dati più recenti mostrano un calo particolarmente marcato tra i visitatori canadesi: a febbraio, il numero di viaggiatori che sono rientrati via terra dal confine statunitense è diminuito del 23% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche il traffico aereo da e per gli Stati Uniti ha subito una flessione del 13%.
Anche in Europa si stanno registrando segnali di preoccupazione. La Germania ha aggiornato le proprie linee guida sui viaggi negli Stati Uniti, avvertendo i cittadini che il mancato rispetto delle regole d’ingresso potrebbe portare non solo al respingimento, ma anche alla detenzione. In alcuni casi, cittadini tedeschi sono stati trattenuti per periodi prolungati pur essendo in regola con il visto. Il Ministero degli Esteri del Regno Unito ha emesso un avviso simile dopo che una turista britannica, Becky Burke, è stata fermata e trattenuta per tre settimane in un centro di detenzione.
Ulteriori restrizioni sono emerse in seguito all’introduzione di nuove normative del Dipartimento di Stato americano, che ora riconosce solo due generi nei documenti ufficiali. Questo ha portato la Danimarca e la Finlandia a raccomandare ai viaggiatori transgender di contattare l’ambasciata statunitense prima di partire, per evitare problemi al momento dell’ingresso nel paese. Il Ministero degli Affari Esteri danese ha avvertito chi utilizza la designazione di genere “X” sul passaporto che potrebbero sorgere difficoltà burocratiche, mentre le autorità finlandesi hanno segnalato che le persone il cui genere legale sia stato modificato potrebbero vedersi negato l’ingresso, come riportato dal The Guardian.
Questa situazione appare insolita, soprattutto considerando che riguarda paesi tradizionalmente alleati degli Stati Uniti. Mentre in passato erano soprattutto i cittadini di alcuni regioni asiatiche e mediorientali a dover affrontare difficoltà nell’ottenere il visto, oggi le restrizioni colpiscono anche viaggiatori provenienti da Canada ed Europa occidentale.
Pedro Rios, direttore dell’American Friends Service Committee, ha sottolineato che questo cambiamento rappresenta una novità preoccupante: «Non è mai successo nei miei 22 anni di lavoro alla frontiera che turisti provenienti da paesi europei o dal Canada siano stati trattati in questo modo. Non c’è alcuna logica in queste detenzioni, se non un clima di crescente ostilità verso gli immigrati».