sabato, 27 Aprile 2024
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Nel silenzio di Gaza, il sordo grido d’aiuto delle donne

Ormai isolata da quindici anni, si torna a parlare di Gaza per l’ennesima emergenza di cui è testimone il mondo intero: la condizione delle donne, sempre più esposte a violenze, ma sempre meno tutelate dalle autorità

Secondo i dati del Women’s Center for Legal Aid, organizzazione non governativa impegnata nella lotta contro la violenza di genere nei territori palestinesi, i femminicidi nella Striscia di Gaza sarebbero decisamente aumentati nell’ultimo periodo.

Come riporta Arab News, Ayah Alwakil, avvocato del Centro palestinese per i diritti umani, sostiene che le donne dell’exclave palestinese considerano la violenza dei loro mariti un “comportamento normale”, assuefatte ormai ad una consuetudine della società patriarcale in cui vivono, dal 2007 controllata dal gruppo islamista Hamas. Quello stesso anno, infatti, il Guardian riferì come l’affermarsi del movimento abbia coinciso con la dichiarazione israeliana di considerare Gaza un “territorio ostile“, mentre la conseguente chiusura delle frontiere con Israele ha bloccato qualsiasi tentativo di fuga delle donne palestinesi oltre il confine. L’Ufficio centrale di statistica palestinese ha dichiarato che il 38% di queste ha subito violenze fisiche o psicologiche dal proprio marito nel 2019, ma la cifra reale è chiaramente più alta.

Nel tentativo di fornire supporto alle vittime, nel paese vi sono due soli rifugi in cui attualmente una quarantina di persone ha trovato riparo. «La legge non è sempre dalla parte delle donne nella Striscia di Gaza», ha dichiarato la portavoce del ministero dello Sviluppo sociale, Aziza Elkahlout, che ne gestisce uno.

Per gli uomini condannati per omicidio, le pene includono il carcere e la morte. Ma la sentenza può essere ridimensionata in caso di “delitto d’onore”, commesso nei confronti di un parente ritenuto causa di vergogna per la famiglia. Come afferma UN Women, entità delle Nazioni Unite che promuove il miglioramento della condizione femminile, si tratta di “leggi obsolete e discriminatorie”, che, invece di favorire la giustizia, la ostacolano. 

Per le donne, denunciare non comporta solo un rischio personale, ma anche la possibilità di mettere in pericolo i propri figli e per questo spesso scelgono di non esporsi. Chi cerca di scappare potrebbe dover rinunciare alla custodia dei propri bambini, mentre, in caso di divorzio, la cura di questi spetterebbe al padre a partire dal compimento degli 11 anni per le femmine e dei 9 per i maschi.

La rabbia dei tanti genitori, le cui figlie sono tristemente vittime di violenza domestica, ha raggiunto le pagine di Arab News, che ha permesso alle loro voci di non esser soffocate nel silenzio che il sistema palestinese impone col proprio retaggio culturale. Suileiman Baraka, sul cui schermo del telefono compare una foto insieme alla figlia, ribadisce come i veri responsabili siano le autorità, perché il governo, non prendendo decisioni immediate, si schiera automaticamente dalla parte dei colpevoli.

Elena Consuelo Godi
Studentessa della facoltà di Economia e management internazionale
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