domenica, 13 Aprile 2025
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Tragedia a Gaza: 15 soccorritori uccisi in un attacco israeliano

L'esercito israeliano ammette il fuoco su un convoglio di soccorso a Rafah. Video e testimonianze contraddicono la versione iniziale delle IDF. ONU e Ong chiedono un'indagine indipendente

Il 23 marzo, un drammatico episodio ha messo in luce gli orrori del conflitto in corso a Gaza. L’esercito israeliano ha ammesso che i suoi soldati hanno ucciso 15 soccorritori che stavano rispondendo a un’emergenza vicino alla città di Rafah, a riportare la notizia è la BBC. Il convoglio coinvolto includeva ambulanze della Mezzaluna Rossa Palestinese, un’auto delle Nazioni Unite e un camion dei pompieri della Difesa Civile di Gaza, tutti colpiti da attacchi israeliani mentre cercavano di prestare soccorso a feriti.

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) avevano inizialmente giustificato l’attacco sostenendo che i soldati avevano aperto il fuoco perché il convoglio si era avvicinato sospettosamente nell’oscurità, senza luci lampeggianti. Inoltre, Israele aveva dichiarato che i veicoli non erano stati precedentemente coordinati con l’esercito. Tuttavia, il filmato registrato da uno dei paramedici uccisi ha rivelato un’altra realtà. Le immagini mostravano chiaramente che i veicoli avevano le luci accese mentre rispondevano a una richiesta di soccorso.

Le riprese, originariamente diffuse dal New York Times, documentano il momento in cui i veicoli si fermano sulla strada e, senza preavviso, i soldati iniziano a sparare. In un video, il paramedico Refat Radwan è sentito pregare prima di morire, mentre le voci dei soldati israeliani si avvicinano ai veicoli. Questo materiale ha messo in dubbio la narrazione ufficiale di Israele, mostrando che i soccorritori erano chiaramente identificabili, con uniformi riflettenti ad alta visibilità, e che non avevano alcuna intenzione ostile.

Poco dopo l’incidente, l’esercito israeliano ha rivisto la sua versione dei fatti, ammettendo che la dichiarazione iniziale secondo cui i veicoli non avessero luci accese era errata. È stato anche rivelato che i soldati avevano seppellito i corpi delle vittime nella sabbia per proteggerli dagli animali selvatici. I corpi non sono stati ritrovati fino a una settimana dopo l’incidente, poiché le agenzie internazionali, compresa l’ONU, non sono riuscite a garantire un passaggio sicuro nella zona.

Israele ha sostenuto che almeno sei dei medici uccisi fossero legati a Hamas, ma finora non ha fornito alcuna prova a supporto di tale accusa. Inoltre, l’esercito ha negato che i paramedici siano stati ammanettati o giustiziati a distanza ravvicinata, come era stato inizialmente suggerito da alcune testimonianze. Un paramedico sopravvissuto ha smentito queste affermazioni, confermando che le ambulanze erano ben visibili e che i colleghi non avevano alcun legame con gruppi militanti.

L’incidente ha suscitato forti richieste per un’indagine indipendente. La Mezzaluna Rossa Palestinese e altre organizzazioni internazionali, tra cui l’ONU, hanno chiesto chiarezza su quanto accaduto e che venga fatta giustizia per le vittime. Israele ha promesso di condurre un “esame approfondito” dell’incidente.

Questo tragico episodio si inserisce in un contesto di crescente violenza a Gaza, che ha causato la morte di migliaia di persone, tra cui molti civili e operatori umanitari. La brutalità di tali eventi continua a alimentare un ciclo di vendetta e sofferenza che da decenni segna il conflitto israelo-palestinese.

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