lunedì, 17 Novembre 2025
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Zouhir Louassini

Intervista a Zouhir Louassini, ospite presso il nostro ateneo.

Lo scorso 7 ottobre, il nostro Ateneo in collaborazione con il Centro di ricerca GEODI – Geopolitica, Diritto e Data Intelligence –  ha organizzato il convegno dal titolo “Chi ha paura della pace? Istituzioni e diritto nel Mediterraneo islamico a due anni dal 7 ottobre 2023”.

Il convegno, introdotto dal professor Ciro Sbailò, ha esplorato in chiave giuridico-comparativa e geopolitica il legame fra istituzioni islamiche, diritto internazionale e dinamiche di conflitto nella vasta area che va dal Nord Africa al Medio Oriente e abbraccia il bacino del Mediterraneo. Per l’occasione è stato invitato a intervenire Zouhir Louassini, giornalista di Rai News 24 e scrittore di origine marocchina, dottore di ricerca in Studi Semitici (Università di Granada, Spagna), che ha collaborato con numerose testate arabe ed europee, autore del libro “Chi ha paura della pace? Israele e Palestina: interessi e poteri dietro la guerra infinita”. Il dottor Louassini è stato poi intervistato dagli studenti del nostro Ateneo.

Siamo con il dottor Louassini, che ringraziamo per essere oggi con noi all’Università degli Studi Internazionali di Roma e al quale rivolgiamo un paio di domande. Per quanto riguarda la presentazione del suo libro “Chi ha paura della pace”, la prima domanda è: cosa significa lavorare in Medio Oriente, soprattutto oggi con quello che sta accadendo?

Il libro nasce proprio da questa idea: credo che nel mondo moderno si stia facendo passare per normale la guerra e il conflitto e quando uno parla di pace sembra anche un po’ ingenuo, sembra un discorso utopistico, mentre c’è chi dice di essere pragmatici e riconoscere che il conflitto fa parte dell’umanità. Io, nel libro, quello che cerco di spiegare è che questa guerra infinita in Medio Oriente risponde a interessi e persone che non sono a favore e non vogliono che ci sia la pace nella zona perché ci guadagnano: ci guadagnano voti e denaro. Perché molte volte finisce tutto con i soldi, con le cose spicciole, no? E allora io, nel libro, cerco di spiegare che nel Medio Oriente, nel Maghreb e nel Golfo questa è una zona più adatta a trovare la pace, che possa garantire prosperità a tutti i popoli: per gli israeliani, per i palestinesi, per tutti i popoli e che possono assolutamente convivere insieme perché ci sono tutte le possibilità per farlo. Basta ammettere e riconoscere i limiti di ognuno e rendersi conto che questa guerra infinita deve arrivare alla sua fine. Molte volte la domanda è “come”, però non spetta a noi. Il nostro ruolo è riflettere e ragionare e spiegare le cose. Chi prende le decisioni deve avere gli strumenti per arrivare a una soluzione. Se si insiste sulla linea della guerra, questo significa che non si vuole la pace.

Però è una responsabilità. Le persone non possono immaginare che la guerra nasca così. Nasce perché ci sono coloro che non vogliono la pace, che non la accettano. In Palestina e Israele esiste questo problema: spesso i due popoli non si guardano nemmeno. Questo è quello che sto cercando di dire nel libro: che trent’anni fa c’era la possibilità, con gli accordi di Oslo, che molti non hanno accettato e hanno finito per dare spazio alla guerra. Stiamo vedendo risultati: una disgrazia per tutti. Io dico basta e diamo una chance anche alla pace. La gente che difende la pace deve iniziare ad alzare la voce. Sia quelli che stanno dentro, tra palestinesi e israeliani, che noi che siamo qui. Invece di cadere nella tentazione di tifare qualcuno come facciamo molte volte, dobbiamo avere la capacità di criticare e di essere anche severi contro le ingiustizie, come il caso degli innocenti che muoiono a Gaza. Bisogna avere il coraggio di dirlo. Bisogna avere il coraggio anche di criticare il massacro che ha fatto Hamas, dirlo con chiarezza e senza mezzi termini. E dopo dire “ok, fino a quando volete continuare così?” Allora noi che siamo lontani, possiamo solamente giocare o avere un ruolo di questo tipo, di cercare di avvicinare i punti di vista e non andare verso estremismi. I risultati sono già sotto gli occhi di tutti, non c’è bisogno di commentare..

Un’ultima curiosità invece riguarda l’approccio alla sua analisi. Mi ha molto colpito quando ci ha detto di aver studiato il multiculturalismo, il dialogo interculturale, ancor prima di avventurarsi in questo libro. Ecco, mi chiedo, in un contesto come questo è ancora possibile parlare di dialogo culturale?

Ma io ho speranza… più che altro io credo che l’essere umano, se educato in un certo modo, e se gli si fanno vedere le cose come sono, la tendenza è verso la pace.

Qualcuno cerca di convincerci che il conflitto è la normalità. Io sono uno di quelli che considerano come normalità la pace. Chiunque di noi vuole vivere in pace, vuole vivere tranquillo, vuole convivere con gli altri, vuole avere un rapporto positivo con le persone. Anche in questo caso, io conosco molti palestinesi, conosco molti israeliani, ebrei. Molti di loro, almeno quelli che conosco io, sono persone per bene e che difendono proprio il dialogo. Solo che abbiamo lasciato troppo spazio a quelli che difendono la guerra e il conflitto. Loro approfittano del nostro silenzio per confermare la loro linea, del nostro silenzio. Noi, invece, che crediamo nella possibilità di convivenza, dobbiamo farci sentire.

Io ho studiato molte volte il multiculturalismo, il dialogo, ma la storia già ce lo dice. Soprattutto nel caso di ebrei e musulmani che quando vengono cacciati dalla Spagna cattolica 1492 dove sono andati tutti? Nei Paesi musulmani. La storia di convivenza tra musulmani ed ebrei esiste da sempre, e ci sono esempi ovunque.  Io credo che il popolo arabo e il popolo ebraico siano la stessa cosa, io sono uno di quelli che considerano che le differenze siano veramente minime. Anche a livello religioso, c’è molta affinità tra un musulmano e un ebreo. L’unicità di Dio per esempio. Concetto che unisce i musulmani ed ebrei, più o meno.

Anche dopo, magari, quella che potrebbe essere una pace forzata, alla quale si arriverebbe secondo l’accordo tra Trump e Netanyahu?

Io credo che veramente stiamo sprecando tempo in cose inutili. La pace è la strada giusta, però la pace deve essere basata sulla giustizia. La giustizia in questo momento per essere compiuta ha bisogno che ci siano due Stati. Non vedo un’altra soluzione, almeno per il momento. E con il tempo se riuscissimo anche noi a fare nel mondo arabo una specie di Unione Europea magari quello può essere un modello, un esempio.  Credo che questa sia la strada. Però ripeto noi nel nostro piccolo cerchiamo [di fare]. Io per esempio in questo libro quello che sto cercando [di fare] è di sottolineare il fatto che molti di noi non hanno paura della pace perché la consideriamo strada giusta.

Lisia Petrini
Studentessa della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
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