James B. Story, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Venezuela durante la prima amministrazione Trump e in parte di quella Biden, svela a Politico l’approccio differente del tycoon verso il Paese latino-americano, un approccio che contempla una pressione di gran lunga maggiore rispetto al passato.
Durante il primo mandato di Trump, gli USA sono stati il primo Paese a riconoscere Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela. Guaidó, come riporta un articolo della BBC, si era autoproclamato presidente nel 2019 e chiedeva la fine dell’usurpazione, un governo di transizione ed elezioni libere. Il giovane leader fu appoggiato anche dalla maggior parte dei Paesi latinoamericani ed europei, come strategia per allontanare Maduro, poi rivelatasi fallimentare. Ciò che Story evidenzia nel suo racconto a Politico è il cambiamento nella visione dell’attuale amministrazione Trump, che non si limita a fare pressione per un cambio di regime in Venezuela, ma che agisce cercando di arrivare alle persone più vicine a Maduro affinché lo invitino a lasciare il Paese, attaccando presunte imbarcazioni di narcotrafficanti, autorizzando azioni della CIA sotto copertura sul territorio, o ancora aumentando la presenza militare in mare. La stessa lotta al narcotraffico risulta diversa rispetto al passato, in quanto Trump ha portato avanti una campagna elettorale, dando grande spazio a temi preoccupanti quali la migrazione e le organizzazioni criminali come Tren de Aragua, un’organizzazione venezuelana di natura transnazionale. Secondo Story, dal contrasto al Venezuela dipende la stessa «stabilità dell’emisfero», poiché la criminalità presente nel Paese e proveniente dal Paese è «destabilizzante», così come lo è il numero di migranti che lasciano il Paese in cerca di una vita migliore.
Nel 2020 sembrava delinearsi un cammino democratico di cui oggi in Venezuela non c’è traccia, per questo la speranza lascia il posto a una pressione sempre maggiore, che Story spera possa essere sufficiente a una transizione quantomeno pacifica. L’alternativa c’è, ed è l’uso della forza, ma l’ex ambasciatore assicura che l’esecutivo statunitense preferirebbe arrivare all’obiettivo in altri modi. Tuttavia, se Trump decidesse di rovesciare il governo di Maduro, ci sarebbero abbastanza risorse in loco da «sopraffare le difese aeree del Paese» ed «eliminare la Marina militare».
Sul fronte Colombia, per Story il Presidente Gustavo Petro non ha mai portato avanti con determinazione il programma antidroga nel Paese, dando meno rilevanza al tema della sicurezza. Sarebbe questa la causa principale dell’incremento della criminalità in Colombia, mentre molti tendono a incolpare i criminali venezuelani che attraversano il confine. Inoltre, dopo che un attacco militare statunitense ha ucciso un cittadino colombiano che, come riporta il New York Times, era considerato dagli USA un narcotrafficante, Petro ha accusato Trump di «omicidio extragiudiziale». Per questo, Story pensa che il contrasto in atto tra i due leader andrà a intaccare la cooperazione tra i Paesi sulla lotta al narcotraffico.
Infine, immaginando un ipotetico futuro senza Maduro, l’ex ambasciatore vede come primo passo fondamentale la ricostruzione delle istituzioni, con la costante presenza di figure dell’esercito che, giurando sulla Costituzione, garantiscano stabilità e sicurezza. Altrimenti «sarebbe il caos».


