Secondo una nuova ricerca di Greenpeace, organizzazione non governativa ambientalista, solo il 5% dei rifiuti plastici prodotti dagli statunitensi lo scorso anno è stato riciclato, mentre il restante 95% è finito nelle discariche, negli oceani o disperso nell’atmosfera in minuscole particelle tossiche.
Il problema della plastica non è dovuto solo al consumismo sfrenato o alla pigrizia nel riciclare, ma anche al fatto che negli Stati Uniti nessun tipo di imballaggio di plastica soddisfa la definizione di riciclabile utilizzata dalla nuova iniziativa della Fondazione Ellen MacArthur per l’economia della plastica.
Anche le plastiche da tempo considerate riciclabili (bottiglie PET #1) sono ben lontane dal tasso di riciclo del 30% necessario per soddisfare la definizione di riciclabile della Fondazione. Difatti, i comuni rifiuti di plastica hanno normalmente un tasso di riciclo inferiore al 5%.
«Aziende come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé e Unilever hanno lavorato per decenni per promuovere il riciclo come soluzione ai rifiuti di plastica. Ma i dati sono chiari: la maggior parte della plastica non è riciclabile. La vera soluzione è passare a sistemi di riutilizzo e ricarica», ha dichiarato Lisa Ramsden, attivista di Greenpeace.
Il tasso ufficiale di riciclo negli Stati Uniti è sceso da un massimo del 9,5% nel 2014 all’8,7% nel 2018. All’epoca, gli Stati Uniti, come molti altri Paesi, esportavano milioni di tonnellate di rifiuti plastici in Cina e li contavano come riciclati, anche se gran parte di essi veniva bruciata o gettata in discarica.
Dopo che nel 2018 la Cina ha smesso di accettare i rifiuti di plastica perché erano fondamentalmente spazzatura, troppo sporca per essere riciclata, il deficit non è mai stato recuperato, mentre l’uso della plastica ha continuato ad aumentare.
L’esportazione della plastica è sempre stata una falsa soluzione, così come tutto il riciclaggio della plastica, perché i rifiuti di plastica sono così onnipresenti da essere estremamente difficili da raccogliere, praticamente impossibili da differenziare, dannosi per l’ambiente e costosi da ritrattare, e spesso contengono materiali tossici.
La carta, il cartone, l’alluminio e il vetro, invece, non hanno questi problemi, ed è per questo che vengono riciclati a percentuali molto più alte.
Secondo Ramsden, «Invece di continuare a fare greenwashing – azioni di marketing compiute nel tentativo di far passare le normali attività dell’impresa come più ecologiche – ingannando il pubblico statunitense: le industrie dovrebbero sostenere un ambizioso Trattato Globale sulla Plastica che ponga finalmente fine all’era della plastica».
Il trattato è attualmente in fase di elaborazione, dopo che a marzo più di 170 nazioni hanno appoggiato una storica risoluzione delle Nazioni Unite per porre fine all’inquinamento della plastica, con un accordo internazionale legalmente vincolante che dovrebbe essere in vigore entro il 2024.
Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), se lo status quo continuerà, l’uso e i rifiuti di plastica a livello mondiale saranno quasi triplicati entro il 2060, con uno scarso aumento del riciclo della plastica.