Sono come minimo 32 le persone che hanno perso la vita domenica 14 novembre a causa di un attacco jihadista in una Gendarmeria nel nord del Burkina Faso, lo ha reso noto il Governo attraverso un comunicato ufficiale. Tra le vittime ci sono 28 gendarmi e quattro civili, il che rende questo assalto uno dei peggiori subiti dalle forze dell’ordine Burkinabé da 6 anni a questa parte. Il bilancio dei morti è del tutto provvisorio e potrebbe subire delle variazioni nelle prossime ore. A ciò si è aggiunto il fatto che il Governo locale ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale.
L’assalto si è verificato di domenica all’alba, quando decine di jihadisti si sono scagliati contro la Gendarmeria nella località di Inata nella provincia di Soum, nelle vicinanze del confine con il Mali. Stando a fonti certe da parte delle autorità locali, nel momento dell’attacco erano presenti circa 100/150 uomini all’interno della base, dove si è verificato un intenso scambio di colpi d’arma da fuoco.
Nelle ore successive all’attacco e dopo l’invio di rinforzi, sono apparsi 27 gendarmi sani e salvi, a testimonianza del fatto che il bilancio delle vittime potrebbe peggiorare con il passare del tempo.
Il Presidente del Burkina Faso, Roch Marc Cristian Kaboré, ha inviato un messaggio di condoglianze alle famiglie vittime attraverso il suo Twitter: «Dobbiamo restare uniti di fronte alle forze del male che ci impongono una guerra spietata. Saluto il ricordo dei nostri coraggiosi agenti di sicurezza caduti nel campo dell’onore».
Recentemente, il partito di opposizione ha adottato delle misure preventive a seguito dell’aumento di casi di violenza. Altresì ha mobilitato la popolazione per chiedere le dimissioni dell’attuale Presidente, il quale aveva già promesso di porre fine alla minaccia terroristica durante la campagna elettorale del 2020 che lo ha portato poi al suo secondo mandato. Successivamente, si sono verificate varie proteste popolari in cui sono stati commessi diversi atti vandalici, in una località distante 50 km dalla capitale.
Anche il Mali è soggetto a continui attacchi jihadisti. Da ciò ne è derivata una crisi nazionale e un peggioramento delle condizioni di sicurezza, problematiche già esistenti nel momento in cui ha avuto luogo il colpo di stato nel settembre del 2020.