Nel pomeriggio di domenica 23 giugno, la repubblica russa del Daghestan, a maggioranza musulmana, è stata oggetto di due attacchi terroristici presumibilmente coordinati, che hanno causato la morte di 20 persone. Secondo fonti ufficiali, altre 46 sono rimaste ferite.
Le località bersagliate sono la città di Derbent, sede di una consolidata comunità ebraica, e la capitale del Daghestan Makhachkala. A Derbent, uomini armati hanno fatto irruzione in una sinagoga e in una chiesa ortodossa, uccidendo il prete ortodosso Nikolai Kotelnikov. Circa 125 km più a nord, a Makhachkala un gruppo di uomini ha attaccato con armi automatiche un posto di blocco della polizia. Delle vittime totali, 15 erano agenti di polizia e 5 civili, riferisce Al Jazeera.
L’attentato non è stato ancora rivendicato da nessun gruppo, ma l’ipotesi più accreditata è che si tratti di un’azione terroristica di matrice islamista. Secondo l’esperta di sicurezza e politica estera russa Domitilla Sagramoso, «è possibile e forse molto probabile che ci sia un collegamento con ISIS, perché come sappiamo ISIS possiede una sorta di rete». «Penso che a rendere probabile una connessione con l’ISIS sia il tipo di target: chiese ortodosse e sinagoghe», ha continuato.
L’attentato in Daghestan arriva qualche mese dopo l’attacco perpetrato a marzo presso il Crocus City Hall, vicino Mosca. L’assalto, che ha causato la morte di circa 145 persone, era stato rivendicato dalla branca afghana dell’ISIS, la Provincia del Khorasan dello Stato Islamico (Is-K).
Il Daghestan ospita numerose etnie, lingue e culture, e per questo è stato spesso elevato a esempio di integrazione da parte del Presidente russo Vladimir Putin. Tuttavia, in passato la regione è stata scenario di altri attentati di matrice islamista. Tra il 2007 e il 2017, l’organizzazione terroristica “Emirato del Caucaso” ha infatti organizzato degli attentati nel Daghestan e nelle repubbliche vicine, riporta la BBC.
Inoltre, la regione è stata protagonista di forti tensioni provenienti dalla confinante Cecenia, estese appunto in Daghestan, nell’ambito della seconda guerra cecena.
Lunedì mattina, il Comitato nazionale antiterrorismo russo ha avviato un’operazione di contrasto al terrorismo, dichiarandola conclusa nel corso della stessa giornata. I responsabili dell’attentato non sono ancora stati identificati ufficialmente, ma i media russi riferiscono che tra loro vi erano due figli di Magomed Omarov, capo del distretto di Sergokala nel Daghestan centrale, rimasti uccisi.
Il presidente del Daghestan Sergei Melikov ha commentato così l’accaduto: «Questo è un tentativo di distruggere la nostra unità», aggiungendo «la guerra sta arrivando nelle nostre case».
Sulla stessa linea, il presidente del Comitato per gli affari internazionali della Duma di Stato Leonid Slutsky ha affermato: «Questi eventi tragici, ne sono certo, sono stati orchestrati dall’estero e sono finalizzati a seminare panico e dividere il popolo russo», facendo riferimento a un presunto coinvolgimento di Ucraina e NATO nell’attentato.
Ha dissentito il senatore Dmitry Rogozin, secondo il quale se ogni attacco fosse attribuito a Ucraina e NATO, “questa nebbia rosa ci porterà a grossi problemi”.
La repubblica del Daghestan ha annunciato tre giorni di lutto a partire da lunedì 24 giugno.