martedì, 3 Dicembre 2024
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Iran: il riformista Pezeshkian presidente, battuto il conservatore Jalili

Il riformista ha superato l'avversario per circa 3 milioni di voti, bassa l'affluenza alle urne

Le elezioni iraniane si sono concluse con la vittoria del riformatore Masoud Pezeshkian, che ha superato il rivale conservatore Saeed Jalili con il 53,3% dei voti, contro il 44,3% di Jalili. L’affluenza alle urne non è stata particolarmente alta, attestandosi ad un 40% nel primo turno per poi salire al secondo, toccando il 50%.

Come riporta la BBC, la vittoria di Pezeshkian è stata celebrata per le vie di Teheran e di altre città, con giovani che ballavano e sventolavano bandiere verdi, simbolo della sua campagna. I leader di Cina, India e Russia si sono congratulati con il nuovo presidente. Tuttavia, il processo elettorale è stato criticato per l’esclusione di 74 candidati, tra cui diverse donne, da parte del Consiglio dei Guardiani, organismo di 12 membri con significativo potere politico in Iran.

Il nuovo presidente, un cardiologo di 71 anni, è noto per le sue posizioni contrarie alla polizia morale nonché per il suo desiderio di vedere un Iran meno isolato dal punto di vista delle relazioni internazionali. A tal proposito il nuovo il presidente ha chiesto l’avvio di “negoziati costruttivi” con le potenze occidentali per il rinnovamento dell’accordo nucleare del 2015.

Saeed Jalili, invece, è il negoziatore proprio dello storico accordo del 2015. E’ diventato noto per la rigidità e la durezza con la quale affronta i negoziati con l’occidente, convinto della necessità che lo sviluppo economico iraniano non possa dipendere dalla volontà dei paesi esteri, come riporta la CNN.

L’affluenza alle urne –la più bassa dalla rivoluzione islamica del 1979- è stata influenzata dal malcontento generale e dalla mancanza di fiducia nella classe politica. Molti elettori, infatti, hanno boicottato le elezioni in quanto frustrati per il controllo stringente del leader supremo Alī Khāmeneī sulle politiche nazionali.

Questo clima di sfiducia generale è stato sicuramente alimentato dalle recenti proteste contro il regime e le manifestazioni del 2022 e 2023. Al contrario, Khāmeneī non considera la bassa affluenza una forma di rifiuto verso il governo: «Ci sono delle ragioni dietro la bassa affluenza alle urne e politici e sociologi le esamineranno, ma se qualcuno pensa che chi non ha votato sia contro l’attuale classe politica si sbaglia di grosso».

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