Da alcuni mesi, la possibilità che la Russia attacchi l’Ucraina, più nello specifico la regione del Donbass, è diventata sempre più concreta, a tal punto da far vendere agli investitori ogni asset, entità materiale o immateriale suscettibile di valutazione economica per un certo soggetto, ritenuto più rischioso.
Lo si nota analizzando l’andamento dei maggiori indici a livello finanziario: quello europeo, l’Euro STOXX 600, è sceso dell’1,3%, rispetto ai minimi del 20 dicembre; gli indici di Londra, Parigi e Francoforte sono in calo tra lo 0,8% e l’1,5%; il più ampio indice MSCI delle azioni dell’Asia-Pacifico, al di fuori del Giappone, è sceso dello 0,7%, mentre il Nikkei nipponico si è abbassato dello 0,1% ed infine, l’indice azionario mondiale MSCI, che replica le azioni di 50 paesi, è sceso dello 0,3%.
Anche i prezzi delle criptovalute continuano a precipitare, come Bitcoin che ha perso quasi la metà del suo valore dal massimo di novembre, crollando di più del 20% dall’inizio dell’anno e scendendo, solo nelle ultime 24 ore, di oltre l’8% ed Ethereum, la seconda criptovaluta più preziosa al mondo, che è scesa di oltre il 12% nelle ultime 24 ore, quando soltanto sabato 22 gennaio, secondo CoinDesk, veniva scambiata a circa $ 2.400: si tratta di un calo di quasi il 30% dall’inizio del nuovo anno.
Conseguentemente, anche le quotazioni delle mining company, le aziende che si occupano del processo di estrazione delle monete digitali, specializzate quindi nello sviluppare nuovi blocchi della blockchain, come Riot Blockchain, Marathon Digital e Bit Digital sono crollate tra il 7,3% e il 12% nel trading pre-mercato: anche Coinbase Global, società di scambio di beni digitali, è scesa del 7,8 %.
«Bitcoin dovrà affrontare venti contrari che risalgono fino al cambiamento delle condizioni macroeconomiche», ha affermato Mark Elenowitz, presidente di Horizon, una società che fornisce servizi alle borse valori.
Comunque, si può dire che sono stati i titoli tecnologici che hanno guidato le perdite in quanto sono scesi del 2,3% rispetto ai minimi da ottobre, dopo che Wall Street è stata colpita la scorsa settimana dalle prospettive di un aumento dei tassi di interesse annunciato dalla FED.
La Federal Reserve System, secondo gli esperti, aumenterà i tassi nella riunione prevista per mercoledì 26, anche se si aspettano a marzo un primo movimento allo 0,25% ed altri tre all’1,0% entro la fine dell’anno.
L’incontro di mercoledì «è probabile che vedrà una continua aggressività con la Fed più preoccupata per i rischi di inflazione e mostrando determinazione a invertire più rapidamente l’allentamento monetario». «Sospettiamo che il dollaro possa ottenere un supporto più ampio», hanno affermato gli analisti del Mitsubishi UFJ Financial Group, una holding di banche giapponese: infatti la moneta americana è aumentata la scorsa settimana di 0.5%, salendo dello 0,1% dall’ultima volta. Un altro aumento lo ritroviamo nel prezzo del petrolio dato che è aumentato di nuovo, dopo essere salito per cinque settimane di seguito e secondo le aspettative, visto che la domanda rimarrà forte e le forniture, invece, limitate, continuerà a farlo fino a un picco di sette anni.