Lo scorso lunedì 6 marzo un’alleanza di opposizione ha nominato Kemal Kilicdaroglu, presidente del Partito Popolare Repubblicano (CHP), come candidato a sfidare il presidente Erdogan alle elezioni del 14 maggio, considerate dagli analisti forse le più importanti nella storia moderna della Turchia.
L’Alleanza Nazionale di opposizione, guidata dal CHP, è composta da sei partiti, tra cui il Buon Partito (IYI), il secondo più grande del blocco. Nei giorni scorsi vi erano state delle turbolenze interne al cosiddetto “Tavolo dei Sei”, che sono poi state risolte attraverso colloqui ad alto livello.
Inizialmente Kilicdaroglu emerse come attivista del CHP contro le frodi, apparendo in TV per discutere dei dossier contro alcuni funzionari. Questo ha portato a dimissioni di figure di alto profilo. Poi, nel 2009, Kilicdaroglu ha perso le elezioni come candidato sindaco del CHP a Istanbul.
L’anno successivo, dopo le dimissioni del suo predecessore in seguito a uno scandalo, è stato eletto leader del CHP senza alcuna opposizione. Prima di entrare in politica, Kilicdaroglu, 74 anni, ha lavorato al ministero delle Finanze e poi ha presieduto l’Istituto di previdenza sociale durante gli anni ’90. Nei suoi discorsi, Erdogan ha spesso denigrato il suo operato in quel ruolo.
«Governeremo la Turchia con consultazioni e accordi», ha detto il candidato a diverse migliaia di sostenitori che applaudivano fuori dalla sede del Partito della Felicità (SP), uno dei sei del blocco di opposizione. «Stabiliremo insieme il potere della moralità e della giustizia», ha dichiarato secondo quanto riportato da Reuters.
I sondaggi suggeriscono un risultato serrato sia per le elezioni presidenziali, che per quelle parlamentari. Queste elezioni decideranno non solo chi guiderà la Turchia, ma anche come sarà governata, dove si dirigerà la sua economia e quale ruolo potrà svolgere per alleviare i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente.
Un aumento del costo della vita dovuta all’inflazione dilagante e ad anni di turbolenze economiche hanno eroso il sostegno di Erdogan, dando a Kilicdaroglu un ipotetico vantaggio. Le politiche economiche del presidente in carica, tra cui i tagli ai tassi di interesse quando l’inflazione ha superato l’85% lo scorso anno, hanno messo a dura prova le famiglie e innescato una serie di crolli della lira.
Tuttavia, molti si chiedono se l’ex funzionario pubblico sia in grado di sconfiggere Erdogan, il leader più longevo del Paese, il cui carisma in campagna elettorale ha contribuito a ottenere più di una dozzina di vittorie elettorali in due decenni.
I sondaggi iniziali dopo i terremoti di febbraio avevano suggerito che Erdogan fosse in grado di mantenere in gran parte il suo sostegno nonostante il disastro. Ma l’emergere di un’opposizione unita, anche dopo un ritardo nella scelta del suo candidato, potrebbe rivelarsi una sfida maggiore, dicono gli analisti.
Secondo quanto riportato da Al Jazeera, Galip Dalay, senior fellow del Middle East Council, ha affermato che «se l’alleanza riuscirà a rimanere unita e a creare una sinergia e un’armonia interna, potrà vincere». Ha poi aggiunto che l’opposizione avrà anche il tacito sostegno di un settimo partito che formalmente non ne è membro: il Partito Democratico dei Popoli (HDP).