mercoledì, 4 Dicembre 2024
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Hong Kong rischia di perdere la sua autonomia

Nuove misure repressive sulla sicurezza nazionale hanno inasprito le politiche di Hong Kong, sempre più dipendente dalla Cina

L’Articolo 23 non è altro che un’espansione della Legge promulgata nel 2020, quando il Governo cinese era intento a soffocare le proteste dei sostenitori della democrazia, iniziate nel 2019. Si tratta di un forte inasprimento delle sanzioni previste per reati quali tradimento, insurrezione, sabotaggio della sicurezza nazionale, ingerenza negli affari di Hong Kong, spionaggio e diffusione di segreti di Stato.

Le pene vanno da 10 anni di reclusione per odio verso il Partito Comunista Cinese, a oltre 20 anni per accuse quali spionaggio e sabotaggio (compresi i cyber attacchi). L’ergastolo è invece riservato ai responsabili di tradimento, insurrezione e sabotaggio con coinvolgimento di terze parti.

Secondo quanto riporta Al Jazeera, le autorità di Hong Kong avrebbero definito la nuova legislazione come «necessaria per il rafforzamento delle attuali leggi sulla sicurezza nazionale», mentre i detrattori hanno la certezza che si tratti di una «restrizione dei diritti e della libera espressione dei cittadini di Hong Kong e non solo». Infatti, verrebbero aggiunti due o tre anni di prigionia a chiunque risultasse colpevole di collaborare con “forze esterne” quali governi stranieri o organizzazioni internazionali, al fine di commettere un reato.

La nuova Legge può di fatto essere applicata nei casi in cui i reati avvengano fuori da Hong Kong, ma siano commessi da residenti o aziende. Questo particolare, di non poco conto, ha suscitato molte preoccupazioni, in quanto rappresenta un chiaro segnale della minaccia cinese agli attivisti democratici d’oltremare e ai detrattori, definiti “elementi anti Cina”. Inoltre, questi rischierebbero persino l’annullamento del passaporto, mentre l’arresto è previsto in caso di sospetto finanziamento a oppositori d’oltreoceano, anche se a erogare il denaro dovessero essere due genitori ai propri figli.

In aggiunta, le forze di polizia hanno incrementato il proprio potere, con la possibilità di trattenere i sospettati per un periodo compreso tra le 48 ore e i 16 giorni.

Secondo quanto sostenuto dalla BBC, il Governatore di Hong Kong, John Lee, supporta l’Articolo 23 in quanto «aiuterà il Paese a prevenire efficacemente, combattere e punire attività di spionaggio e cospirazione da parte dell’intelligence estera, così come infiltrazioni e sabotaggio».

Non si trova d’accordo con le affermazioni di Lee il gruppo formato da 81 personalità di tutto il mondo, tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Corea del Sud, che ha firmato una dichiarazione congiunta, riportata da Hong Kong Watch, nella quale esprime tutta la sua preoccupazione riguardo la libertà dei cittadini di Hong Kong, gravemente violata dalle nuove misure.

Quest’ultima è un’ex una colonia britannica, ceduta nuovamente alla Cina nel 1997 sulla base di un principio ben preciso: “One country, two systems”, ossia “Un Paese, due sistemi”. Secondo questo presupposto, Hong Kong avrebbe avuto la garanzia di un certo grado di autonomia. Tuttavia, i fatti parlano chiaro, e il margine di autonomia della Regione Amministrativa Speciale della Cina è ogni giorno più labile.

Laura Vargiu
Studentessa della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
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