Il 5 novembre è alle porte, ma questa campagna elettorale non fa sconti a nessuno.
Secondo quanto riporta la BBC, diversi sondaggi suggerirebbero che nessuno dei due candidati gode di una netta preferenza in nessuno degli swing states. Un duello all’ultimo sangue, tra strategie antiche e commenti inaspettati, che sembrano pronti a ribaltare la già instabile situazione da un momento all’altro.
È recentissimo il commento di John Kelly, ex capo di gabinetto dell’amministrazione Trump, che in un’intervista al New York Times, riportata dalla BBC, ha definito il magnate statunitense come qualcuno che «rientra certamente nella definizione generale di fascista», affermando che il tycoon si sarebbe spesso riferito, positivamente, ad Adolf Hitler.
La vicepresidente, Kamala Harris, ha più volte riportato il commento di Kelly nei suoi comizi, una scelta che è stata definita tattica dallo stratega Matt Bennett, co-fondatore di Third Way, organizzazione Democratica di stampo centrista. «Tutto ciò che fa adesso è parte di una tattica» sostiene Bennett alla BBC, «l’imperativo è assicurarsi che più elettori possibili vengano a conoscenza del commento di Kelly».
Tuttavia, se non ci sono ancora i numeri per dichiarare, d’emblée, un vincitore, è comunque possibile notare una divisione delle preferenze per l’uno o per l’altro candidato, legata al genere. Secondo un sondaggio di CBS News/YouGov riportato da Al Jazeera, gli elettori di Trump sarebbero per lo più uomini (si parla di un 54% contro un 45% di donne), mentre la Harris ha la netta preferenza delle donne (un 55% contro un 43% di uomini).
In un recente discorso in Pennsylvania, Harris ha ribadito gli obiettivi democratici per «fare la differenza», sottolineando l’importanza della fine delle guerre in Medio Oriente, e rivolgendosi inoltre ai giovani elettori, che sono «giustamente impazienti per un cambiamento».
A un centinaio di chilometri di distanza, alla Madison Square Garden, Trump si è rivolto ai suoi elettori invitandoli, con lo slogan che lo contraddistingue, a rendere gli Stati Uniti «powerful again».
Dopodiché, l’ex presidente ha definito l’avversaria una «marxista radicale», «stupida» e «inadatta» alla presidenza, accusandola di aver distrutto il paese.
Dal canto suo, Harris risponde indirettamente, attraverso una domanda rivoltale dalla CNN e riportata dalla BBC, con la quale le viene chiesto se ritiene che Trump sia un fascista. «Si, lo penso», risponde.
Intanto, Trump rischia la perdita dei voti di buona parte della comunità portoricana statunitense, dopo che i commenti del comico Tony Hinchcliffe, ospite al suo comizio, hanno offeso profondamente gli abitanti di Portorico, definita da Hinchcliffe «un’isola di rifiuti galleggiante».
Se i portoricani potrebbero dunque riconsiderare le loro scelte all’ultimo minuto, Harris non manca comunque di rivolgersi ai Repubblicani moderati, nello specifico a tutti quei professionisti che popolano le periferie di grandi città quali Philadelphia o Detroit, situate in Stati decisivi per le elezioni. La vicepresidente confida nel loro appoggio, in quanto recenti sondaggi hanno registrato dei dubbi riguardo un loro rinnovato sostegno a Trump.
La partita resta aperta, ancora per poco.