Lo scorso 4 dicembre, la giunta militare del Niger, insediatasi con un colpo di stato nel luglio scorso, ha assunto l’effettivo controllo delle operazioni della miniera di uranio Somair, di proprietà della società francese Orano. L’azienda, che detiene una quota del 63% della miniera, ha dichiarato che le decisioni del consiglio di amministrazione non vengono più rispettate dalle autorità nigerine, compromettendo gravemente la stabilità operativa e finanziaria della miniera.
Il Niger contribuisce al 4-5% della produzione mondiale di uranio e, prima del colpo di Stato, rappresentava fino al 20% delle importazioni francesi di questo materiale. Da decenni, il paese è un partner chiave per il settore nucleare francese. Tuttavia, con la revoca di licenze a Orano e ad altre compagnie come la canadese GoviEx Uranium, il governo militare intende rivedere i termini degli accordi con le aziende straniere, ritenuti svantaggiosi per il Paese.
La giunta accusa la Francia di non riconoscere le nuove autorità nigerine e di mantenere una posizione colonialista nel controllo delle risorse naturali. Il ministro delle Miniere del Niger, il colonnello Abarchi Ousmane, ha ribadito che il Niger non può tollerare che aziende francesi continuino a sfruttare i giacimenti senza un equo ritorno per il paese.
Orano, dal canto suo, ha promesso di difendere i propri diritti davanti agli organi competenti, ma ha anche espresso la volontà di «collaborare con tutti gli attori per ristabilire un modello operativo stabile e sostenibile», secondo quanto riportato dalla BBC. L’azienda ha segnalato perdite per circa 210 milioni di dollari dovute all’interruzione delle esportazioni e alla chiusura delle frontiere con il Benin, un nodo chiave per il trasporto dell’uranio. La società ha inoltre dichiarato che una risoluzione adottata dal consiglio di amministrazione di Somair il 12 novembre per sospendere le spese legate alla produzione e preservare i fondi per gli stipendi è stata deliberatamente ignorata, il che sta «ulteriormente peggiorando la situazione finanziaria dell’azienda», come riportato da Reuters.
Questa crisi riflette un cambiamento più ampio nella politica estera del Niger, che cerca di ridurre la dipendenza dall’Occidente, aprendo potenzialmente le porte a investitori russi e turchi. Inoltre, la presa di posizione della giunta contro le multinazionali rappresenta un messaggio di autodeterminazione e un tentativo di ristabilire il controllo sulle risorse nazionali. La situazione resta tesa, con il deterioramento delle relazioni tra il Niger e la Francia che potrebbe segnare un nuovo equilibrio geopolitico nella regione africana.