Secondo i primi sondaggi di YouGov del 2025, la coalizione di centrodestra (CDU – CSU) avrebbe i maggiori consensi, con un’alta probabilità per Friedrich Merz di diventare il nuovo cancelliere della Germania. I sondaggi vedono dunque in testa il gruppo dei cristiani democratici, seguiti dal partito di estrema destra AfD, con cui, secondo la BBC, né Merz né altri partiti prevedono di coalizzarsi.
Risulta invece notevole la distanza con la cosiddetta “coalizione semaforo”, attuale coalizione di governo, formata dal partito del cancelliere Scholz, SPD, dai Verdi e dai Liberali, che per ora hanno un minor numero di consensi.
A far discutere nell’ultimo mese è soprattutto l’intervista di Musk ad Alice Weidel, leader di AfD, partito definito dal magnate statunitense come “l’unico in grado di salvare la Germania”. Durante l’intervista, riportata dalla BBC, Weidel ribadisce il carattere conservatore e liberale del suo partito, accusando i media di averlo negativamente dipinto come estremista. La leader assicura inoltre il suo sostegno al presidente eletto Donald Trump, ricevendo a sua volta il consenso di Musk che, secondo la BBC, «ha inequivocabilmente spronato i tedeschi a sostenere AfD alle prossime elezioni». Si tratta di un’altra «controversa incursione del miliardario nelle politiche europee».
E a proposito di incursioni, che hanno tanto il sapore di ingerenze, il Guardian parla di «un’ombra a forma di Trump» che incombe sulla Germania, attraverso il partito della Weidel, la quale supporta il MAGA (Make America Great Again) da ancor prima delle elezioni di novembre. Un fatto che pare strano, visto «l’antiamericanismo» di un partito nazionalista che ha più volte espresso la sua affinità con la Russia di Putin. Tuttavia, Alice Weidel sembra essere «salita sul treno del vincitore» dopo che il proprietario di Tesla ha offerto il suo supporto a Trump durante la sua campagna per le presidenziali.
«L’estrema destra tedesca è sempre stata felice di allearsi con estremisti statunitensi, denunciando al contempo l’influenza degli USA sulla Germania», afferma il ricercatore canadese Richardson-Little al Guardian.
Un’altra preoccupazione riguarda invece «l’economia sofferente» della Germania, punto cruciale nella campagna elettorale di Merz. I dazi promessi da Trump sui beni provenienti dall’Unione Europea rischiano di diventare una «pericolosa spirale di tariffe», dichiara il papabile futuro cancelliere, specialmente per la Germania, colpita da una grande crisi. Inoltre, Wolfgang Ischinger, ex ambasciatore della Germania negli Stati Uniti, si è figurato il legame tra la sua nazione e gli USA come un «cordone ombelicale»: gli Stati Uniti la madre, la Germania il «neonato dipendente». Questo legame, già instabile, si regge principalmente sul tema economico e su quello della sicurezza: se Trump iniziasse ad applicare i dazi su tutte le importazioni UE, «300.000 posti di lavoro in Germania verrebbero messi a repentaglio – il doppio delle assunzioni nazionali effettuate dal gigante automobilistico Volkswagen, attualmente in crisi». Al contempo, il paese è sempre dipeso dagli Stati Uniti per quanto riguarda la sicurezza, in quanto la Germania non possiede armi nucleari.
La posta in gioco resta alta, in uno scacchiere dove ogni mossa, se non ponderata, può risultare cruciale.