domenica, 3 Agosto 2025
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Quando un rifiuto diventa mortale: il tragico prezzo del «No»

Due storie, due tragedie, un monito universale: il valore inalienabile del rifiuto in una società che troppo spesso tace di fronte al pericolo.

La giovane Sara Campanella, studentessa di 22 anni a Messina, è stata vittima di un’ossessione che ha travalicato ogni confine. Stefano Argentino, 27 anni, la perseguitava da due anni, finché in un pomeriggio qualunque la sua violenza si è manifestata in maniera letale. Secondo quanto riportato dalla BBC, in pieno giorno, tra gli sguardi attoniti dei passanti, Sara avrebbe gridato disperatamente: «Lasciami andare, smettila», un grido che non ha fermato l’aggressore, ma ha segnato la fine di una vita destinata a fiorire. Quella che doveva essere la spensieratezza degli studi universitari per diventare tecnico biomedico si è trasformata in un incubo silenzioso, dove il «no» – espresso ostinatamente – non ha trovato ascolto né protezione.

Nel frattempo, a Roma si è consumata una tragedia: come riportato dall’ANSA, la giovane Ilaria Sula, 22 anni, è stata brutalmente uccisa dal suo ex fidanzato, Mark Antony Samson, 23enne di origini filippino-italiane. Il delitto, secondo le ricostruzioni, è avvenuto all’interno dell’abitazione di Ilaria, nel Quartiere Africano, mentre i suoi genitori erano presenti. Samson ha accoltellato la ragazza ripetutamente, poi ha cercato di cancellare ogni traccia del suo delitto, riponendo il corpo in una valigia, trasportandolo in auto e abbandonandolo in un dirupo. Anche il suo telefono, simbolo di una comunicazione che poteva essere una richiesta d’aiuto, è stato gettato, per cancellare ogni prova del suo gesto.

Questi eventi, seppur separati da contesti diversi, s’intrecciano nel dramma di una cultura che fatica a riconoscere il significato profondo di un «no». In entrambi i casi, la vittima aveva manifestato il proprio rifiuto in maniera chiara, ma il messaggio non è stato interpretato come un invito alla protezione, bensì come un fastidioso ostacolo da ignorare o addirittura sfidare. La vicenda di Sara ci ricorda ancora una volta che il rifiuto non è un invito all’insistenza, ma il confine insindacabile della libertà personale, un diritto che nessuno dovrebbe vedersi negato. Allo stesso modo, il crudele epilogo della vita di Ilaria Sula ci costringe a riflettere sulla fragilità della comunicazione e sulla necessità di ascoltare, veramente ascoltare, i segnali di disagio.

Non si tratta di una mera esposizione di fatti, ma di un invito a una riflessione più profonda: come è possibile che in un’epoca in cui si parla tanto di diritti e di libertà, il semplice «no» di una giovane donna possa essere interpretato come un ostacolo da superare, anziché il richiamo a un rispetto fondamentale? Questi tragici episodi, sono il simbolo di una società in cui la violenza è l’esito finale di una cultura che, giorno dopo giorno, banalizza l’importanza del rifiuto.

Il compito di ciascuno di noi, come cittadini e come esseri umani, è di dare ascolto a quel «no» e di tradurlo in un’azione di protezione e rispetto. Solo così potremo sperare di spezzare il circolo vizioso che trasforma il rifiuto in morte, restituendo dignità a chi, come Sara e Ilaria, non ha più la possibilità di alzare la voce.

Angelica Di Carlantonio
Studentessa della facoltà di Investigazione, criminalità e sicurezza internazionale
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