La Marina indiana ha effettuato test missilistici, segnalando un’escalation della risposta militare di Nuova Delhi dopo l’attacco terroristico avvenuto nel Jammu e Kashmir amministrato dall’India, in cui sono rimasti uccisi 26 civili, a riportare la notizia è The Guardian. La dimostrazione di forza ha riguardato lanci multipli di missili antinave a lungo raggio, concepiti per colpire con alta precisione obiettivi distanti. L’operazione, secondo quanto affermato dalla Marina, aveva lo scopo di confermare la prontezza dei sistemi e del personale militare per operazioni offensive.
Il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha reagito con fermezza all’attacco, parlando di una “risposta dura”. Modi ha anche coinvolto leader internazionali per rafforzare la posizione dell’India, sottolineando l’urgenza di un’azione risoluta contro il terrorismo transfrontaliero.
Parallelamente, dal Pakistan sono arrivati segnali preoccupanti. Il ministro delle ferrovie, Hanif Abbasi, ha dichiarato che i missili nucleari pakistani sono puntati sull’India, alimentando timori di un’escalation. Le dichiarazioni aggressive si inseriscono in un contesto storico già instabile: India e Pakistan hanno combattuto tre guerre, due delle quali per il controllo del Kashmir, e spesso sono arrivati vicini a un conflitto armato più esteso.
Mentre la dottrina militare indiana mira a lanciare attacchi rapidi e limitati, quella pakistana prevede una deterrenza nucleare a spettro completo, compreso l’uso di armi tattiche. L’analista Michael Kugelman ha avvertito che, sebbene una guerra totale sia improbabile, l’attuale clima potrebbe facilmente degenerare a causa di pressioni interne, errori di valutazione o risposte sproporzionate.
Intanto, sul terreno, l’India ha avviato una campagna repressiva contro presunti terroristi in Kashmir, demolendo abitazioni e arrestando centinaia di giovani. Anche le relazioni diplomatiche si sono deteriorate: entrambe le nazioni hanno espulso diplomatici, sospeso visti e trattati bilaterali. L’India ha persino interrotto il rilascio controllato delle acque dell’Indo, causando inondazioni nel Kashmir pakistano, aggravando la già delicata questione idrica.
Sebbene il primo ministro pakistano, Shehbaz Sharif, si sia mostrato aperto alla cooperazione con investigatori internazionali, ha ribadito che il Kashmir rimane “la giugulare del Pakistan”, lasciando intendere che il nodo territoriale è tutt’altro che risolto.
Alla luce degli sviluppi, l’intera regione si trova su un crinale pericoloso, dove ogni passo falso potrebbe avere conseguenze imprevedibili. L’intervento delle potenze internazionali potrebbe risultare cruciale per evitare un’escalation fuori controllo.