Nel quartiere di Cité Soleil, tra i più poveri della capitale haitiana Port-au-Prince, almeno 110 persone sono state uccise tra il 6 e l’8 dicembre su ordine di Monel “Mikano” Felix, capo della gang di Wharf Jérémie. Secondo la Rete Nazionale per la Difesa dei Diritti Umani (RNDDH), Felix ha accusato alcuni residenti anziani di aver causato, con pratiche di stregoneria, la malattia e la morte di suo figlio. Gli assalti, condotti con armi da taglio, hanno colpito principalmente persone di età superiore ai 60 anni, ma anche chi ha cercato di proteggerle. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, le informazioni sul massacro sono emerse lentamente a causa del rigido controllo delle gang sul quartiere, dove l’uso dei telefoni cellulari è fortemente limitato.
Cité Soleil, densamente popolata e teatro di frequenti violenze, è sotto il rigido controllo delle gang, che limitano anche la comunicazione tra gli stessi residenti. La gang di Felix, composta da circa 300 membri, è legata all’alleanza criminale Viv Ansanm, che domina gran parte della capitale. La violenza delle gang, che controllano l’85% di Port-au-Prince, ha già causato oltre 5.000 vittime quest’anno e costretto più di 700.000 persone a lasciare le proprie case, come riportato dalla BBC.
La situazione ad Haiti rimane critica, con una missione internazionale di sicurezza guidata dal Kenya che fatica a ottenere risultati. La missione, approvata dall’ONU, è sottofinanziata e sprovvista delle risorse necessarie per affrontare gruppi armati ben organizzati, a causa anche dell’opposizione di Cina e Russia nel Consiglio di Sicurezza riguardo all’intervento dei caschi blu, secondo quanto riportato da Reuters. Intanto, il governo haitiano, minato da conflitti interni, sembra incapace di contrastare il crescente potere delle gang, riflettendo una paralisi istituzionale. La tragedia di Cité Soleil si aggiunge a una lunga serie di episodi che mettono in luce il drammatico collasso dello stato di diritto nel Paese.