giovedì, 21 Novembre 2024
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Conflitto israelo-palestinese: escalation militare dopo il raid a Nablus

Lo scontro tra le forze armate israeliane e palestinesi si è intensificato in seguito all’incursione delle IDF nella città di Nablus di mercoledì 22 febbraio: elevata la preoccupazione internazionale

L’attacco dell’esercito israeliano nella città cisgiordana di Nablus ha provocato la morte di 11 palestinesi e oltre 100 persone sono rimaste ferite, come riporta The Jerusalem Post. Ghassan Doughlas, direttore dell’ospedale Rafidia di Nablus, ha dichiarato che quattro persone sono in terapia intensiva «ma la loro situazione sta migliorando».

Centinaia i palestinesi che hanno partecipato ai funerali delle 11 persone uccise dalle forze israeliane durante il raid, una delle operazioni israeliane con più caduti nella Cisgiordania dalla seconda Intifada o dalla rivolta palestinese del 2000-2005, come riporta Al Jazeera.

Hamas e altre fazioni palestinesi hanno minacciato una risposta e giovedì mattina 23 febbraio sei razzi sono stati lanciati verso il sud di Israele, facendo scattare le sirene antimissile ad Ashkelon e nella zona di Sderot. L’esercito israeliano ha dichiarato che il suo sistema di difesa aerea ha intercettato cinque dei razzi lanciati, mentre un sesto è caduto in una zona disabitata.

In risposta alla rappresaglia palestinese, le IDF hanno colpito una fabbrica di armi di Hamas e un sito militare a nord-ovest di Gaza. Il bombardamento ha provocato danni al sito e all’area circostante.

Nel frattempo nei territori occupati è in corso una protesta contro l’incursione israeliana a Nablus. Negozi, scuole e banche sono rimasti chiusi dopo che lo scorso mercoledì i partiti politici palestinesi hanno annunciato uno sciopero generale nelle città di Ramallah e Nablus. Le forze politiche hanno inoltre invitato i palestinesi a manifestare nei pressi dei posti di blocco dell’esercito israeliano.

«Condanniamo l’incursione dell’occupazione a Nablus e chiediamo la fine dei continui attacchi contro il nostro popolo», ha dichiarato Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas.

L’attenzione della comunità internazionale è elevata e sforzi di mediazione da parte dell’Egitto e delle Nazioni Unite sono in corso. L’inviato dell’ONU per il Medio Oriente Tor Wennesland è arrivato a Gaza per incontrare i leader di Hamas nel tentativo di stemperare le tensioni.

L’UE chiede una de-escalation e un uso “proporzionato” della forza, dicendosi «profondamente allarmata» per la spirale di violenza in Cisgiordania.

«È della massima importanza che tutte le parti si adoperino per ripristinare la calma e smorzare le tensioni, al fine di evitare ulteriori perdite di vite umane», ha dichiarato il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) in un comunicato.

«L’UE deplora la morte di civili e ribadisce che l’uso della forza deve essere proporzionato, nel pieno rispetto del diritto umanitario internazionale, e deve avvenire solo come ultima risorsa, quando è assolutamente inevitabile per proteggere la vita».

Il ministero degli Esteri palestinese ha affermato che «le reazioni internazionali sono state timide e deboli, quasi equiparando la vittima al carnefice». Ha inoltre aggiunto che le azioni di Israele sono state «al livello di crimini di guerra e crimini contro l’umanità».

«Queste reazioni non sono coerenti con le posizioni degli Stati e della comunità internazionale per quanto riguarda la loro preoccupazione per il diritto internazionale, il diritto umanitario internazionale e i principi dei diritti umani, o la loro presunta preoccupazione per la soluzione dei due Stati e il processo di pace».

Irene Iannotta
Studentessa della Facoltà di Scienze della Politica e delle Dinamiche Psico-Sociali
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