Il farmaco più promettente degli ultimi decenni per la cura dell’Alzheimer riduce le dimensioni del cervello dei pazienti, ma non si sa perché e quali effetti a lungo termine possa avere. Si tratta del lecanemab, che permetterebbe di rallentare il declino cognitivo associato all’Alzheimer, nelle prime fasi della malattia. Tuttavia, il farmaco, che si trova ancora in una fase sperimentale, mostra effetti collaterali preoccupanti, come piccole emorragie che potrebbero causare la morte.
Un nuovo studio ha esaminato un altro effetto collaterale di questo e di altri farmaci simili: l’accelerazione del restringimento del cervello nei pazienti che lo assumono. Secondo l’analisi, le persone che ricevono il lecanemab subiscono una riduzione delle dimensioni del cervello del 28% superiore rispetto a quelle che assumono un placebo. Il donanemab, un altro farmaco sperimentale, simile al precedente, ha prodotto lo stesso effetto.
Nel 1901, una donna di 50 anni affetta da paranoia, insonnia, improvvisi sbalzi d’umore e perdita di memoria viene visitata dal neurologo tedesco Alois Alzheimer. Il suo nome era Auguste Deter. Gli appunti del medico relativi ai dialoghi con la donna ritraggono i danni di questa malattia: «Si alza dal letto con un’espressione impotente. Come ti chiami? Auguste. Cognome? Auguste. Come si chiama suo marito? Auguste. […] Sei sposata? Sì, con Auguste». Alzheimer poté fare ben poco per la sua paziente, che morì cinque anni dopo. In seguito all’analisi del cervello della donna, il medico è riuscito a descrivere le lesioni caratteristiche della malattia.
Sebbene la causa della malattia sia sconosciuta, è noto che provoca la morte dei neuroni e che il cervello dei malati si restringe progressivamente. Ecco perché è sorprendente che un farmaco che dovrebbe rallentarla sia causa di un restringimento cerebrale addirittura superiore a quello della malattia stessa.
Il lecanemab è in fase di approvazione negli Stati Uniti e in Europa. I dati disponibili relativi al farmaco si basano su uno studio clinico condotto su oltre 1.700 pazienti con malattia in forma lieve in 14 paesi.
Diversi esperti avvertono che probabilmente sarà necessario monitorare la situazione per tre o quattro anni per capire se i benefici osservati continuano o si stabilizzano. Inoltre, prima dell’approvazione, è importante risolvere tutte le incognite relative al nuovo farmaco.
«La perdita di volume cerebrale con questo tipo di farmaci è nota da tempo, ma in molte occasioni è stata ignorata. È logico pensare che l’atrofia cerebrale osservata sia una conseguenza della perdita di neuroni. Si può sostenere che sia dovuta all’eliminazione della proteina amiloide patologica, ma questo è quanto meno opinabile», spiega David Pérez, primario di neurologia dell’Ospedale 12 de Octubre di Madrid, secondo quanto riportato da El Pais.
«Ora, la cosa più importante è stabilire se dopo cinque o sei anni di trattamento con il lecanemab i suoi effetti positivi aumentino, il che sarebbe già un effetto terapeutico sorprendente, o rimangano stabili, come è successo con i farmaci precedenti. Ad ogni modo, l’approvazione completa di questo farmaco sarebbe prematura», ha aggiunto Pérez.