giovedì, 25 Aprile 2024
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La sindrome degli hikikomori: un fenomeno non così lontano

Secondo stime non ufficiali, in Italia, circa 100mila ragazzi trascorrono le giornate isolati nelle loro stanze, senza contatti col mondo esterno. Il ritiro avviene per cause diverse ed è graduale

Un hikikomori (in giapponese 引き籠もりHiki kagomori o 引きこもり Hiki komori, lett. “stare in disparte” o “staccarsi”; dalle parole hiku, “tirare”, e komoru, “ritirarsi” o “chiudersi”) è una persona che ha scelto di scappare fisicamente dalla vita sociale, spesso cercando livelli di isolamento e confinamento. Il termine hikikomori si riferisce sia al fenomeno sociale in generale, sia a coloro che appartengono a questo gruppo sociale.

Gli hikikomori italiani, secondo stime non ufficiali, sono circa 100mila. In Giappone, dove il fenomeno è nato, sono oltre un milione. Si tratta soprattutto di giovani maschi con un’età media di 15 anni che decidono volontariamente di isolarsi per lunghi periodi, da sei mesi fino ad alcuni anni. Spesso si tratta di figli primogeniti, ragazzi introversi e sensibili, molto intelligenti e bravi a scuola.

Quasi tutti sono estremamente critici con la società e hanno difficoltà a instaurare rapporti soddisfacenti e duraturi. Sono giovani che non reggono le pressioni sociali, dalle quali cercano di fuggire. Hanno un’ansia del giudizio che può essere quello scolastico, lavorativo o emotivo.

Questi ragazzi vivono chiusi nella loro camera da letto, spesso senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno.

Le cause. Non esiste una sola causa. La dipendenza da internet è una conseguenza ed è l’unico modo per mantenere un legame con il mondo esterno. Ci sono cause sociali in senso più stretto che arrivano da visioni pessimistiche di quello che viene offerto. Poi c’è la famiglia. A volte i ragazzi che si ritirano hanno padri assenti, separazioni recenti o non metabolizzate, un attaccamento eccessivo con la madre.

I tre stadi degli hikikomori, dai campanelli d’allarme all’isolamento. Il processo che porta all’isolamento totale è graduale. E le fasi descritte, precisano dall’associazione Hikomori Italia, possono essere non così rigide. Di massima gli stadi sono tre. Il primo campanello di allarme è il rifiuto saltuario di andare a scuola e di frequentare eventi di vita sociale (feste, sport, pranzi). In un primo periodo il ragazzo tende a isolarsi, a rifiutare la scuola, lo sport. Inizia a scambiare il giorno con la notte. Trascorre sempre più ore al buio abusando delle nuove tecnologie. In un secondo momento, il rifiuto della scuola è totale ma vengono mantenuti i rapporti con la famiglia. L’abuso delle nuove tecnologie peggiora così come l’umore.

Con l’isolamento totale il ragazzo si allontana anche dai genitori ed è estremamente difficile riportarlo alla vita sociale attiva. Infine il terzo stadio include l’isolamento totale dal mondo esterno alla propria camera, depressione e istinti autolesionistici. Per questa ragione è fondamentale intervenire al primo stadio. Più a lungo il ragazzo resta isolato, più è difficile tornare indietro.

Sara Daverio
Studentessa della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
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