giovedì, 18 Aprile 2024
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La vicinanza tra Arabia Saudita e Turchia che allontana il mondo dalla verità sull’omicidio Khashoggi

L’incontro tra Erdoğan e Mohammed bin Salman sembra dimostrare che vi siano i presupposti per la riapertura di un dialogo distensivo Riad-Ankara, se non fosse per le questioni ancora in sospeso

Lo scorso mercoledì 22 giugno, il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, si è recato ad Ankara per un colloquio col presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. La visita conferma la volontà di rafforzare il dialogo tra Turchia e Arabia Saudita dopo anni segnati da rapporti incerti e ambigui a causa delle diverse posizioni assunte nei confronti delle vicende che hanno interessato il Medio Oriente. I legami tra i due paesi, infatti, erano andati incrinandosi specialmente dal 2017, quando Riad aveva annunciato l’embargo nei confronti del Qatar, suo vicino nonché potente monarchia sunnita della regione. La scelta di isolare il minuscolo emirato, a cui si è posta fine nel 2021, ha da subito provocato la Turchia che, pochi giorni dopo la notizia, è intervenuta a sostegno di Doha, inviando forniture di cibo ed energia via aerea per attenuare il contraccolpo dovuto alla chiusura delle frontiere con l’Arabia Saudita.

L’incontro tra i due leader non è che l’ennesimo nell’agenda di bin Salman, che ha avuto modo di discutere anche con Macron, in occasione della sua visita a Riad lo scorso dicembre, e con Boris Johnson, con cui si è confrontato a marzo in merito all’impennata dei prezzi del petrolio. Per il prossimo mese, inoltre, è in programma il colloquio con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, tanto atteso quanto criticato. Tra le figure che hanno espresso il proprio dissenso nei confronti delle attenzioni riservate all’erede al trono saudita, vi è Agnès Callamard, consigliere esecutivo di Amnesty International, che ha definito MBS come un alleato tutt’altro che credibile, perché “un partner affidabile non uccide uno dei propri giornalisti in un paese straniero, non impiega la propria tecnologia di sorveglianza nel mondo e non continua a bombardare lo Yemen senza ragione”.

Infatti, tra chi ha scelto di non celebrare l’arrivo del principe, vi sono coloro che reclamano a gran voce che giustizia venga fatta per la morte del giornalista, Jamal Khashoggi, ucciso nel 2018 all’interno del consolato saudita di Istanbul. La fidanzata del reporter, che dal 2017 viveva negli Stati Uniti al riparo dalle conseguenze delle critiche mosse alla Corona, ha scritto sui social che la visita di MBS “non cambia il fatto che sia il responsabile di un omicidio”.

Da quando la Turchia ha avviato il processo nel 2020, i progressi per un verdetto sono stati sostanzialmente insignificanti.  Sebbene siano stati identificati i ventisei esecutori dell’assassinio, di cui il giovane crown prince sarebbe stato il mandante, nessuno ha mai raggiunto il banco dei testimoni, trovandosi Arabia Saudita sotto l’egida di un governo che non ha riconosciuto alcuna richiesta di estradizione nei loro confronti. A rendere l’iter giudiziario ben poco credibile ha poi contribuito la legge turca, che non prevede la possibilità di una condanna in contumacia per chi non ha testimoniato.

Molti ritengono che l’apertura dei leader occidentali nei riguardi della monarchia saudita rientri in un disegno di realpolitik volto, dato il momento di profonda crisi a livello globale, principalmente a trarre benefici economici dai legami coi propri partner. Non a caso, come scrive il Guardian, la visita è sopraggiunta in una fase di incredibile svalutazione della lira turca, che ha portato il paese, nel tentativo di attrarre investimenti stranieri, a ripensare alle proprie relazioni coi paesi limitrofi. La verità, che sarebbe il prezzo più alto da pagare per evitare il tracollo del proprio partito, pare essere un compromesso accettabile per Erdoğan.

Elena Consuelo Godi
Studentessa della facoltà di Economia e management internazionale
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